Inizierà il 18 gennaio 2024 il processo per l’omicidio di Giulia Tramontano, 29enne incinta al settimo mese uccisa nella sua abitazione di Senago lo scorso 27 maggio. Sul banco degli imputati, davanti alla Corte d’Assise di Milano, finirà il barman Alessandro Impagnatiello, 30enne accusato di aver ucciso con 37 coltellate la fidanzata. Lo ha deciso la gip di Milano Angela Minerva, che ha accolto il giudizio immediato. Nel provvedimento con cui ha mandato l’uomo a processo sono state riconosciute tutte le quattro aggravanti contestate dalla pm Alessia Mengazzo, titolare dell’inchiesta della squadra omicida del nucleo investigativo dei carabinieri.



Le aggravanti contestate sono premeditazione, crudeltà, vincolo della convivenza e futili motivi. Dunque, ora Alessandro Impagnatiello rischia l’ergastolo, come evidenziato dal Corriere della Sera. Il rito immediato permette di saltare l’udienza preliminare, arrivando dritti al dibattimento, nel quale l’imputato dovrà rispondere di omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale.



OMICIDIO GIULIA TRAMONTANO, FAMIGLIA PRONTA A COSTITUIRSI PARTE CIVILE

Alessandro Impagnatiello, difeso dai legali Giulia Gerardini e Samanta Barbaglia, secondo quanto ricostruito dall’accusa, ha ucciso la compagna a coltellate, le prime inferte nella zona del collo, poi ha continuato a colpire la fidanzata senza che questa riuscisse a difendersi. L’uomo, che aveva una relazione parallela con una collega di lavoro, ha provato a disfarsi del cadavere. Prima ha provato a bruciarlo nella vasca da bagno, poi ha provato a nasconderlo in un box, decidendo poi di abbandonarlo, avvolto in cellophane e sacchetti di plastica, a meno di 700 metri da casa.



Come evidenziato dal Corriere della Sera, si ritiene che che abbia eseguito il piano da solo, alla luce di quanto confessato e ricostruito dagli inquirenti. Quello di Giulia Tramontano è un omicidio premeditato in quanto ci sono state ricerche via web e il ritrovamento di alcune bustine di veleno per topi, sostanza tossica somministrata più volte alla ragazza e riscontrata anche nel feto. La famiglia della vittima, rappresentata dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti, è pronta a costituirsi parte civile nel processo, strada che dovrebbe provare a percorrere anche il Comune di Senago.