ERGASTOLO AD ALESSANDRO IMPAGNATIELLO, LE MOTIVAZIONI
L’omicidio Giulia Tramontano è stato premeditato per quasi sei mesi da Alessandro Impagnatiello: è quanto scritto dai giudici nelle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo. Quindi, l’idea di uccidere la fidanzata risalirebbe al dicembre 2022, ma l’incontro tra Giulia e l’amante del compagno ha rappresentato una svolta, perché è il momento in cui l’uomo ha capito che le bugie con cui aveva mantenuto le relazioni parallele erano state scoperte.
La prima idea di sbarazzarsi di Giulia è comparsa dopo aver appreso che era incinta. Era il 12 dicembre e l’ex barman ha cercato su internet veleno per topi. Da quel momento fino al maggio successivo non è mai venuto meno il piano criminoso, che anzi è cresciuto e maturato, mentre portava avanti la relazione segreta con l’amante.
Quando ha scoperto che le due donne si erano parlate, distruggendo quel castello di bugie che lui aveva costruito, Alessandro Impagnatiello ha anche capito di essere diventato da una settimana lo “zimbello” dei colleghi, perché erano venuti a conoscenza delle menzogne che aveva raccontato.
Proprio la gravidanza ha segnato la condanna a morte di Giulia Tramontano: per i giudici, se avesse abortito, come aveva intenzione di fare per il comportamento del compagnato, l’avrebbe salvata dal piano del compagno, perché sarebbe andata via di casa e quindi sarebbe ancora viva.
OMICIDIO GIULIA TRAMONTANO: IL PIANO INSIDIOSO E LA CRUDELTÀ
Quella consapevolezza lo aveva mortificato, ma aveva anche alimentato la rabbia dentro di sé, quella che ha portato poi al desiderio di vendicare quello che riteneva un “torto”. A quel punto, Alessandro Impagnatiello ha deciso di modificare il piano criminoso che aveva portato avanti per quasi sei mesi, quello che riguardava il veleno, ha deciso di uccidere Giulia Tramontano con “modalità nuove ed efferate“.
Aveva, infatti, capito di aver perso per sempre l’amante e che la fidanzata lo avrebbe lasciato, inoltre non avrebbe mai visto il figlio. Quindi, ha deciso di abbandonare il piano insidioso che aveva portato avanti fino a quel momento per portarlo a termine.
Dopo aver ucciso la fidanzata, non solo non si è pentito, ma ha pure provato ad attenuare le sue responsabilità, negando di aver aggredito la fidanzata, ridimensionando le sue precedenti condotte e fornendo spiegazioni incongrue sulla relazione con l’amante.
I giudici ritengono che abbia voluto sviare le indagini, ad esempio quando ha provato a indirizzare sull’allontanamento volontario, ad esempio mandando messaggi alla fidanzata, che era già morta, e alle amiche, recandosi con la suocera nelle tabaccherie di zona per cercare immagini della compagna. Aveva anche sostenuto che potesse essere andata in Francia con un’amica.
Per quanto riguarda la crudeltà, riconosciuta come aggravante, non è rappresentata solo dalle 37 coltellate, ma anche dal fatto che 11 siano state inferte mentre era ancora viva e che fosse incinta del loro figlio.