Giovanni Lizzio fu assassinato la sera del 27 luglio 1992 a Catania, mentre si trovava in auto fermo ad un semaforo in via Leucatia. All’epoca ispettore capo, era al vertice della sezione antiracket ed era impegnato in una lotta serrata alla criminalità organizzata e a Cosa Nostra. Appena 8 giorni prima dell’agguato in cui perse la vita, secondo la ricostruzione assassinato da un commando di 4 sicari, fu ucciso Paolo Borsellino, giudice vittima con la sua scorta dell’attentato di via D’Amelio a Palermo il 19 luglio precedente.



Giovanni Lizzio era nato a Catania il 24 giugno del 1947 e aveva 45 anni. Sposato e padre di due figlie, era cresciuto per le strade di quella città fino a riuscire nel suo obiettivo: diventare un poliziotto. La sua carriera sarebbe iniziata a Napoli prima del ritorno nella sua terra, dapprima nella sezione omicidi, poi nel nucleo anticrimine e infine, dal 1991, nel reparto antiracket della Squadra mobile. Una sezione di cui prese le redini e che avrebbe guidato con determinazione e coraggio fino alla morte, avvenuta nel contesto di un agguato che secondo quanto emerso sarebbe stato ordinato dal capomafia Benedetto “Nitto” Santapaola. A carico di quest’ultimo, nel 2003, fu inflitta una condanna definitiva all’ergastolo proprio per l’omicidio di Giovanni Lizzio del quale sarebbe stato ritenuto il mandante.



L’agguato a Giovanni Lizzio: la ricostruzione dell’omicidio dell’ispettore capo di Catania

La sera del 27 luglio 1992, ricostruisce l’associazione “Libera”, Giovanni Lizzio aveva lasciato gli uffici della Squadra mobile e si era messo alla guida delle sua auto verso casa. La sua fine lo attendeva al semaforo all’incrocio tra via Leucatia e via Pietro Novelli, dove si era fermato per il rosso in attesa di ripartire. I killer lo avrebbero seguito in moto fino a quel punto, per poi esplodere contro di lui sei colpi di calibro 38 attraverso il finestrino aperto. Cinque proiettili andarono a segno colpendo l’ispettore capo di Catania alla testa e al torace. Giovanni Lizzio sarebbe morto poco dopo all’ospedale Cannizzaro. Aveva 45 anni e fu il primo poliziotto ucciso nella città.



Le modalità del delitto e la ferocia dell’agguato, secondo gli investigatori, non lasciavano dubbi: la regia della mafia si stagliava dietro l’atroce omicidio. A portare a una svolta nelle indagini sulla morte di Lizzio sarebbero state le rivelazioni del collaboratore di giustizia Claudio Severino Samperi, che portarono all’arresto di 156 persone riconducibili al clan Santapaola. Tra gli arrestati il boss Nitto Santapaola, considerato il mandante dell’omicidio. L’inchiesta sugli esecutori materiali del delitto sarebbe sfociata in due processi conclusi con la condanna a 12 anni con rito abbreviato dei due pentiti Natale Di Raimondo e Umberto Di Fazio e a 30 anni per Francesco Squillaci e Giovanni Rapisarda, poi assolto in appello. Nel 2009 furono assolti per insufficienza di prove anche Filippo Branciforte e Francesco Di Grazia che, per l’accusa, avrebbero fatto parte del commando.