Dopo più di trent’anni – esattamente 32 e qualche mese – lo strano caso irrisolto dell’omicidio dell’ex medico dell’Inter Roberto Klinger potrebbe essere vicino ad una svolta che potrebbe (finalmente) dare un volto al suo killer e chiudere definitivamente uno dei casi di cronaca nera più antichi e misteriosi che il nostro paese ricordi; il tutto grazie ad alcuni elementi che sono finiti nelle mani degli inquirenti dopo l’arresto – ma ci arriveremo a brevissimo – dell’esponente della ‘ndrangheta Umberto Pietrolungo. Il caso dell’omicidio di Klinger è abbastanza noto (oltre che semplice dal punto dei vista dell’accaduto): il medico fu raggiunto sotto casa sua a Milano la mattina presto del 18 febbraio 1992 da un ignoto killer che ha aperto il fuoco uccidendolo sul colpo.
Nulla di più, nulla di meno e per tanti (troppi) anni gli inquirenti hanno brancolato nel buio, muovendo un solo processo contro l’unico indagato: tale Alessandro Luca Pieretti che è stato scagionato dopo il primo dibattimento in aula per assenza di prove. Prima di tornare alla possibile riapertura del caso Klinger dobbiamo fare una seconda tappa nel 1991 quando in un altro omicidio – a lungo rimasto senza un colpevole – morirono l’avvocato Pierangelo Fioretto e sua moglie Mafalda: due casi che potrebbero essere accomunati dalla mano di un unico killer.
Omicidio di Roberto Klinger: quali sono i nuovi elementi in mano agli inquirenti e cosa centrano i Fioretto
Recuperato l’omicidio Klinger e quello dei coniugi Fioretto non ci rimane che tornare al già citato Pietrolungo: quest’ultimo – finito in manette poco tempo fa – è ritenuto il principale sospettato per la morte dei due coniugi, incastrato da alcune prove che prima d’ora non era stato possibile analizzare e che lo collocherebbero senza (quasi) ombra di dubbio sulla scena del duplice omicidio; ma rimane ancora il dubbio di chi fosse il suo complice. Ma cosa c’entrano Pietrolungo e i Fioretto con Klinger? Tecnicamente nulla, ma secondo quanto riporta il Corriere della Sera ci sarebbero alcuni elementi comuni nei tre omicidi che potrebbero far pensare alla stessa matrice e – addirittura – alla stessa mano: quella dell’ignoto complice dell’ex ‘ndranghetista.
Facciamo un altro passo indietro: sia l’ex medico dell’Inter (lo definirono le indagini e le perizie di due veri e proprio esperti in materia, Pietro Benedetti e Domenico Sarza) che i Fioretto sono stati uccisi con un’arma piuttosto insolita, ovvero una pistola giocattolo Molgora modificata per esplodere proiettili calibro 7,65 ovviamente letali. Un’arma – appunto – insolita, ma in quegli anni era stata protagonista di diversi omicidi oltre a quello Klinger e Fioretto compiuti tra Lombardia e Sud Italia, tutti di stampo mafioso e ‘ndranghetista.
Il secondo elemento – più labile rispetto all’arma – è la rivendicazione da parte della Falange Armata che negli anni ’90 in diverse lettere rivendicò alcuni degli omicidi compiuti: tesi ignorata dagli inquirenti perché i rivoltosi parlarono di “attività politiche” incompatibili con Klinger; ma ora si pensa (riporta sempre il Corriere) che poteva essere una strategia della ‘ndrangheta per depistare le indagini. C’è un ultimissimo elemento di collegamento: l’identikit di un killer “alto circa 1,75, di corporatura media, con capelli corti, scuri e ricci” dato da due differenti testimoni sia per l’omicidio Klinger che per quello Fioretto. Potrebbe essere Pietrolungo? Purtroppo no, perché è più alto di un metro e settantacinque e si trovava – nel 1992, quando moriva il medico – in carcere; ma i più attenti ricorderanno che abbiamo citato un complice e secondo gli inquirenti la mano dietro ai tre omicidi potrebbe essere proprio la sua.