Una versione grottesca“. Così Roberta Bruzzone bolla il movente delineato dai tre imputati dell’omicidio di Laura Ziliani, ex vigilessa di Temù uccisa nel maggio 2021, ritenendo il loro racconto poco credibile. Anzitutto, secondo la criminologa che ha approfondito il caso nel suo canale YouTube, non è possibile ammettere come verosimile l’idea che la vittima volesse ucciderli. Le figlie di Laura Ziliani, infatti, in aula durante il processo che si celebra a carico del “trio diabolico” in Corte d’Assise a Brescia, hanno dichiarato di aver agito contro la donna perché convinte che lei volesse assassinare. In particolare avvelenandole con della candeggina nel latte. Per questo, secondo il loro resoconto, l’avrebbero “anticipata” disfandosi di lei dopo vari tentativi andati a vuoto.



Secondo la criminologa Bruzzone, il processo non avrà tempi lunghissimi anche alla luce delle loro confessioni: “Fondamentalmente siamo già all’esame degli imputati. Hanno reso versioni abbastanza coerenti tra loro ma hanno distinto le loro posizioni dal punto di vista processuale e adesso si sono affidati ad avvocati diversi, contrariamente a quanto accaduto nella fase precedente in cui tutti e tre erano rappresentati dal medesimo collegio difensivo“. Alla sbarra le figlie della donna, Silvia e Paola Zani, e l’uomo con cui entrambe avrebbero avuto una relazione, Mirto Milani.



Omicidio Laura Ziliani, Bruzzone sul presunto movente: “Elemento maggiormente discutibile”

La criminologa Bruzzone si sofferma in particolare su quello che, a suo avviso, sarebbe “l’elemento maggiormente discutibile” nella versione degli imputati in merito all’omicidio di Laura Ziliani: il presunto movente. Le figlie della donna sostengono di aver maturato la convinzione che la madre volesse uccidere non solo loro, ma anche la terza figlia, affetta da disabilità, alla quale invece Laura Ziliani era molto legata. Nel corso dell’udienza di fine marzo scorso davanti alla Corte d’Assise di Brescia, riporta Ansa, la maggiore, Silvia Zani, ha dichiarato quanto segue: “Quando ho ucciso mia madre, ero convinta al 300 per cento che lei volesse avvelenarci. Ci avrei messo la mano sul fuoco. Ora, dopo tanti mesi in carcere, non sono più così sicura. Eravamo spaventatissimi. Voleva uccidere noi due sorelle e Mirto sarebbe stato un danno collaterale“.



Addirittura sono arrivate ad inventarsi” questa storia, ha sottolineato Bruzzone definendola una “invenzione becera”, con lo scopo di “attribuire a Laura Ziliani una serie di tentativi di avvelenamento” ai loro danni. “Sono tutte informazioni che non hanno mai trovato alcun riscontro, che ritengo abbastanza ignobili – ha aggiunto la criminologa -. L’idea di trasformare la vittima in una sorta di aguzzina, quando dagli atti emerge un quadro esattamente opposto a quello che i tre rappresentano, la trovo una scelta difensiva veramente discutibile. Il tipo di capo di imputazione per loro è coerente con una condanna all’ergastolo, questo è il destino processuale di tutti e tre”.