Il mandante dell’omicidio di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” assassinato dalla ‘stidda’ agrigentina il 21 settembre 1990 a soli 38 anni, ha ottenuto un permesso premio: è notizia delle ultime ore infatti che Giuseppe Montanti, oggi 64enne e che sta scontando una pena all’ergastolo, ha ottenuto dal giudice di sorveglianza di Padova un permesso per uscire di prigione per 9 ore al fine di poter parlare con la sua famiglia. L’uomo, in prigione da oramai un ventennio, non aveva mai avuto in questo lungo lasso di tempo la possibilità di incontrare i suoi parenti che a quanto si apprende vivono tra il Messico e il Guatemala. A destare un po’ di scalpore a proposito della provvisoria scarcerazione di colui che è stato uno dei mandanti dell’assassinio di Livatino è anche il fatto che Montanti esce di prigione proprio a ridosso della settimana che porterà il prossimo 21 settembre alla commemorazione del trentennale della morte del giudice che, in attesa della canonizzazione, oggi è considerato “Servo di Dio” dalla Chiesa Cattolica.



OMICIDIO LIVATINO, PERMESSO PREMIO AL MANDANTE: “LO CONSENTE UNA SENTENZA CHE…”

In cella dal 1999 e in regime di carcere duro, in realtà Giuseppe Montanti aveva già fatto in precedenza richiesta per un permesso premio: il mandante dell’omicidio infatti già nel giugno del 2019 aveva presentato domanda ma in quella circostanza il Tribunale di Sorveglianza di Venezia aveva accolto un reclamo da parte del pm competente e quindi aveva rigettato l’istanza di Montanti (che aveva comunque fatto medesima richiesta anche nel 2018). Tuttavia, nonostante l’ergastolo, Montanti non ha mai ammesso in tutti questi anni di essere il mandante dell’attentato che uccise il giudice ma nel decreto del magistrato che ha concesso il permesso premio a uno degli ex rappresentanti dell’organizzazione criminale di stampo mafioso che opera tra Caltanissetta e Agrigento si legge, in riferimento a una sentenza della Cassazione proprio del 2020 sui reati ostativi, secondo cui proprio la mancata confessione non rappresenterebbe un ostacolo per poter beneficiare del suddetto permesso-premio da parte del condannato.

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