Sono trascorsi quasi due anni dalla morte di Luca Ventre, scomparso il primo gennaio del 2021 a Montevideo, in Uruguay, dopo essere entrato nell’ambasciata italiana scavalcando un cancello. Come ben sappiamo, il trentacinquenne venne bloccato da uno dei due addetti alla vigilanza. Ma l’intervento dell’agente gli causò una grave asfissia, tale da provocargli l’arresto cardiaco fatale. La Procura di Roma non ha dubbi sul fatto: l’uomo è stato soffocato. Ma il pm non può procedere.



Come riportato dall’Ansa, la Procura capitolina ha avanzato la richiesta di archiviazione dell’indagine avviata in Italia per improcedibilità: l’indagato, la guardia giurata Ruben Eduardo Dos Santos Ruiz, non è mai stato presente sul territorio italiano. Ricordiamo che in un primo momento l’uomo è stato iscritto al registro degli indagati dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco per omicidio preterintenzionale.



Omicidio Luca Ventre, il pm non può procedere

Le autorità italiane hanno disposto l’esame autoptico sul corpo di Luca Ventre e l’esito non ha lasciato spazio a dubbi: l’italiano è morto per “asfissia meccanica violenta ed esterna per una prolungata costrizione del collo che provocò l’ipossia celebrale dalla quale derivarono il grave stato di agitazione psicomotoria e l’arresto cardiaco irreversibile”. Una conclusione totalmente diversa da quella delle autorità sudamericane, che hanno collegato il decesso del 35enne al suo stato di “eccitazione psicomotoria associata al consumo di cocaina” con ripercussioni cardiache “avvenute in un contesto di misure di contenzione fisica”. Nessuna accusa, dunque, nei confronti dei vigilantes, nel dettaglio nei confronti della guardia giurata Ruben Eduardo Dos Santos Ruiz. In altri termini, per le autorità uruguaiane Luca Ventre sarebbe morto a causa del mix tra cocaina e farmaci somministrati dai sanitari del Pronto soccorso. Nonostante il lavoro certosino della Procura di Roma, il pubblico ministero non può fare richiesta di processo nei confronti del vigilante. La famiglia di Luca Ventre ha sì posto querela su quanto avvenuto, ma manca uno dei due presupposti fondamentali: la presenza di chi ha commesso il reato sul territorio italiano. La guardia giurata al momento è “assente” sul territorio nostrano e dunque non è perseguibile. Una beffa amara per i cari del giovane.

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