OMICIDIO MARCO VANNINI, STORIA DEL PROCESSO

È durata 6 anni la vicenda giudiziaria relativa all’omicidio Marco Vannini, al centro della prima puntata della nuova stagione di Delitti in famiglia su Rai 2 oggi. Il processo è cominciato il 23 maggio 2016, ma l’ultimo atto è arrivato nel 2021 con la sentenza della Cassazione che ha reso definitive le pene. Al centro dell’iter giudiziario è finita la famiglia Ciontoli, accusata di omicidio volontario in concorso perché, in base alla ricostruzione degli inquirenti, hanno rallentato i soccorsi dando informazioni contrastanti e non esaustive su quanto accaduto a Marco Vannini e sulle sue reali condizioni.



Il processo, tra l’altro, ha accertato che il 20enne di Ladispoli avrebbe potuto salvarsi se avesse ricevuto soccorsi tempestivi, pertanto aver ritardato i soccorsi per coprire l’incidente in casa avrebbe avuto un ruolo decisivo sulle sorti del ragazzo. Il processo di primo grado si è concluso due anni dopo la sua apertura con la condanna di Antonio Ciontoli a 14 anni. Lui è stato l’unico a cui venne ritenuto colpevole di omicidio volontario, invece Maria Pezzillo e Martina e Federico, rispettivamente moglie e figli, vennero condannati a 3 anni per omicidio colposo. In appello però le pene sono state cambiate.

COME SONO CAMBIATE LE PENE PER I CIONTOLI

Un anno dopo, in secondo grado, Antonio Ciontoli è stato condannato a 5 anni, mentre moglie e figli a 3 anni, perché per i giudici della Corte d’Appello si trattava di un caso di omicidio colposo. Fu un duro colpo per i genitori di Marco Vannini, che chiedevano giustizia per il figlio. Il caso nel 2020 fu portato in Cassazione, con i giudici che ribaltarono le sentenze d’appello, perché ritennero che si trattasse di omicidio volontario con dolo eventuale.

La tesi sostenuta dalla Suprema Corte fu che la morte del 20enne di Ladispoli sia stata la conseguenza delle lesioni provocate dallo sparo di Antonio Ciontoli e dalla mancata tempestività dei soccorsi, quindi conclusero che dovesse essere rifatto il processo d’appello. Da febbraio si arriva al settembre 2020, con il processo d’appello-bis che si concluse col ripristino della condanna a 14 anni per Antonio Ciontoli, invece moglie e figli furono ritenuti colpevoli di concorso anomalo e quindi condannati a 9 anni e 4 mesi di carcere.

Tali pene sono diventate definitive con la sentenza della Cassazione, che tre anni fa si è limitata a modificare la pena in “concorso semplice attenuato dal minimo ruolo e apporto casuale“.