Si apre con l’omicidio Marco Vannini la nuova stagione di “Delitti in famiglia“, il programma condotto su Rai 2 da Stefano Nazzi, in onda oggi sabato 26 ottobre 2024. Un racconto sui delitti commessi in famiglia, che sono ritenuti i luoghi più sicuri e sereni, ma dove invece possono nascondersi violenza e dolore. Lo dimostra la tragedia del 2015: era il 17 maggio e un ragazzo di 20 anni si sentiva al sicuro nella casa della fidanzata, Martina Ciontoli, ma lì invece venne raggiunto da un colpo d’arma da fuoco, restando ferito.
Una tragedia evitabile, se Marco Vannini fosse stato soccorso subito, invece arrivò qualche ora dopo in ospedale, peraltro in codice verde, perché nessuno fino a poco prima aveva informato i sanitari che la ferita era dovuta a un proiettile esploso. A sparare fu il suocero Antonio Ciontoli, come emerso dalle indagini e dal processo. La prima chiamata per allertare i soccorsi parti alle 23:41 e fu fatta da Federico Ciontoli, il fratello della fidanzata di Marco Vannini: raccontò però che il ragazzo aveva avuto un malore e non respirava più per uno scherzo.
Quella telefonata è stata al centro di un caso, visto che l’operatrice sentì una donna riferire che il 20enne era nella vasca, mentre un uomo interveniva dicendo che non servivano in realtà i soccorsi, ponendo fine alla chiamata. Fu la prima occasione per aiutare Marco Vannini, ma gli venne negata.
OMICIDIO MARCO VANNINI: LA STRAZIANTE AGONIA
I soccorsi vennero contattati di nuovo alle 00:06, stavolta da Antonio Ciontoli, che parlò di una caduta di Marco Vannini, il quale aveva riportato un buco con un pettine e quindi aveva paura. Eppure, la telefonata registrò anche una voce maschile che implorava aiuto. Solo 16 minuti dopo arrivò un’ambulanza nella villetta dei Ciontoli, ma solo all’ospedale di Ladispoli ci si rese conto della gravità delle condizioni del 20enne, per il quale venne richiesto l’intervento dell’elisoccorso per il trasferimento al Policlinico Gemelli di Roma.
Marco Vannini però non sopravvisse: alle 3 del 18 maggio 2015 morì, perché quel proiettile gli aveva perforato il polmone arrivando al cuore. I sogni di quel ragazzo che voleva diventare pilota delle Frecce tricolore si spensero perché la richiesta dei soccorsi arrivò troppo tardi nel tentativo di coprire cos’era successo in quel bagno.
Dalle indagini, infatti, è emerso che Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina militare, vi entrò per mostrargli la sua pistola, ma partì casualmente un colpo che ferì il ragazzo. Cominciò così la straziante agonia del 20enne. Il caso si è chiuso con la condanna definitiva della famiglia Ciontoli, da Antonio Ciontoli alla moglie Maria Pezzillo fino ai figli Federico e Martina, finiti in carcere per non aver attivato in tempo i soccorsi per permettere a Marco Vannini di salvarsi.