Omicidio Marco Vannini: Davide Vannicola e Giovanni Bentivoglio a processo
Attorno all’omicidio di Marco Vannini non è ruotata solo la drammatica morte di un giovane ragazzo appena ventenne e con tutta una vita davanti, ma anche veleni e depistaggi che hanno contribuito a rallentare ulteriormente le indagini. Mentre il caso del giovane ucciso nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 nella villetta dei genitori della fidanzata Martina Ciontoli si è concluso con quattro condanne, a finire ora a processo sono altre due persone. Si tratta di Davide Vannicola e Giovanni Bentivoglio, rinviati a giudizio per falsa testimonianza.
Secondo l’accusa della procura di Civitavecchia, come riferisce il Corriere della Sera, i due testimoni depistarono le indagini: quattro anni dopo il delitto tirarono in ballo il comandante della caserma dei carabinieri di Ladispoli, Roberto Izzo, accusandolo di aver aiutato Antonio Ciontoli, suo collega e padre della fidanzata di Marco, ora in carcere per l’omicidio del ragazzo. In particolare Vannicola, ex amico di Izzo, rivelò ad un programma tv la presunta confidenza che gli avrebbe fatta Izzo – a sua volta riferendo quanto appreso da Ciontoli – sul fatto che ad esplodere il corpo mortale fosse stato il figlio Federico. Izzo, sempre a detta di Vannicola, avrebbe consigliato a Ciontoli di prendersi la responsabilità così da cavarsela con poco. Il tutto sarebbe avvenuto in una presunta telefonata prima della chiamata dei soccorsi. Una tesi confermata anche dall’ex finanziere, ora in pensione, Bentivoglio.
Le accuse a carico dei due “super testimoni”
Le testimonianze dei due testimoni portarono anche ad un provvedimento a carico di Alessandra D’Amore, pm che si è occupata del caso di Marco Vannini, poi assolta in Cassazione dall’accusa di aver mal condotto le indagini. Le successive verifiche, tuttavia, hanno evidenziato come i due presunti super testimoni avrebbero raccontato il falso, sebbene ad oggi non abbiano chiarito il fine.
Adesso i due uomini dovranno rispondere a processo dall’accusa di falsa testimonianza ai pm, come sostenuto dal procuratore di Civitavecchia Andrea Vardaro e dal sostituto Roberto Savelli. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio si legge che avrebbero attribuito “a Izzo condotte delittuose e riferendo circostanze riguardanti i primi accertamenti di polizia giudiziaria”. Non è tutto: durante le indagini Vannicola e Bentivoglio consegnarono un audio in cui il secondo sosteneva dell’esistenza in procura di un fascicolo a carico di Ciontoli per estorsione nei confronti di una prostituta. Il fascicolo sarebbe stato dirottato da Izzo su Civitavecchia anziché su Roma ma anche su questo aspetto non ci sarebbero riscontri. L’episodio della presunta estorsione sarebbe vero ma ad occuparsene furono i carabinieri di Cerveteri. Izzo, in quel periodo, era fuori Roma. Per questa seconda vicenda Vannicola è stato rinviato a giudizio per calunnia e diffamazione, mentre Bentivoglio ha ricevuto in abbreviato una condanna a un anno e quattro mesi per calunnia e false informazioni al pm.