«Mi tremano le gambe da morire, io ho Valerio che è la mia roccia: mi sostiene in questi momenti di angoscia e andiamo avanti», le parole di Marina, madre di Marco Vannini, ai microfoni de La vita in diretta: come vi abbiamo raccontato, ieri la Cassazione ha stabilito che il processo nei confronti della famiglia Ciontoli è da rifare. «I Ciontoli non esistono più per me, per noi», la posizione del padre della vittima, mentre Marina ha aggiunto: «A Marco devono dare la dignità che gli hanno levato. Dovranno pensare tutte le sere a quello che hanno fatto, Marco si poteva salvare ma l’hanno lasciato morire». Intervenuta a La vita in diretta, Roberta Bruzzone ha spiegato: «Non è inaspettata, io ero ragionevolmente convinta che il processo d’Appello non avrebbe passato il vaglio della Cassazione. La parte civile ha lottato con le unghie e con i denti, sapremo le dichiarazioni della Cassazione con la motivazione. Certo è che la Procura ha insistito affinchè venisse annullata la sentenza, vedremo se la Cassazione ha recepito fino in fondo le richieste della Procura». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
OMICIDIO MARCO VANNINI, NUOVO PROCESSO BIS D’APPELLO
Non si è ancora del tutto chiusa la vicenda di Marco Vannini, il giovane 20enne di Cerveteri ucciso con un colpo di pistola la notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015 nella villetta di Via Alcide De Gasperi, l’abitazione a Ladispoli di Martina Ciontoli, all’epoca dei fatti la sua fidanzata. Il caso sarà al centro della nuova puntata di Amore Criminali, a pochi giorni dall’attesa sentenza della Cassazione. Lo scorso venerdì la prima sezione penale della Cassazione si è espressa sul caso disponendo un nuovo processo bis d’Appello a Roma per l’omicidio del giovane bagnino. Annullata con rinvio, dunque, la sentenza di secondo grado che aveva riqualificato il reato da omicidio volontario a omicidio colposo contestato ad Antonio Ciontoli, padre di Martina, condannato in Appello a 5 anni contro i 14 che gli furono comminati in primo grado. Tutto da rifare, dunque: la Corte di Cassazione ha annullato le condanne che avevano raggiunto tutti i membri della famiglia Ciontoli (la fidanzata di Marco, Martina, così come il fratello Federico Ciontoli e la madre Maria Pezzillo erano stati condannati a tre anni, come in primo grado), torneranno presto in aula per un nuovo processo d’Appello nel quale si valuterà un aumento di pena. La sentenza di terzo grado, a differenza di quanto accaduto durante l’Appello, è stata accolta con un forte applauso da parte dei familiari: “Nessuno mi ridarà mio figlio, ma è giusto che qualcuno paghi per la sua morte. Hanno restituito a mio figlio il rispetto che merita”, è stato il commento a caldo di Marina Conte, madre della vittima.
OMICIDIO MARCO VANNINI: LO SPARO IN CASA DELLA FIDANZATA
Marco Vannini aveva appena 20 anni, faceva il bagnino e sognava di entrare nelle forze armate. Figlio unico, era coccolato dalla sua intera famiglia, in particolare da mamma Marina e papà Valerio. E’ il 2012 quando, dopo una partita di calcetto incontra Martina Ciontoli, la ragazza che molto presto sarebbe diventata la sua fidanzata. Una storia durata cinque anni e terminata proprio nell’abitazione della giovane dove poco prima si era conclusa una cena in famiglia. In casa c’era proprio tutti, compresa Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli. All’improvviso un colpo di arma da fuoco squarcia il silenzio dando il via ad alcune ore drammatiche che culmineranno con la morte del giovane di Cerveteri, il tutto sotto lo sguardo della fidanzata e della sua famiglia e senza che i genitori di Marco venissero messi al corrente di quanto accaduto quella maledetta sera di maggio del 2015. Ad oggi, la verità sui fatti consumatisi in quella abitazione resta un mistero e sarà un nuovo processo a tentare di restituire la verità alla famiglia Vannini. L’intero caso, infatti, a distanza di quasi cinque anni e tre processi non è ancora del tutto chiaro ma anzi è colmo di dubbi, contraddizioni e misteri sulla dinamica, mai realmente chiariti dai presenti.
LE BUGIE E I RITARDI NEI SOCCORSI
Sarebbe stato Antonio Ciontoli, padre di Martina, ad esplodere il colpo di pistola che colpì mortalmente Marco Vannini. Ad uccidere il ragazzo però, come contestato anche dal pg della Cassazione, sarebbero stati i mancati soccorsi, allertati solo con un ingiustificato ritardo. Nelle due telefonate al 118 infatti, i membri dei Ciontoli fornirono informazioni per nulla chiare sulla dinamica. Nella prima chiamata parlarono di uno scherzo salvo poi richiamare nuovamente riferendo ai sanitari di un fantomatico ferimento con la punta di un pettine. Intanto il tempo passa senza che nessuno possa prendersi cura di Marco le cui condizioni sono destinate a peggiorare in maniera fatale. Ma perchè in quella circostanza Antonio Ciontoli mentì? “È la prima cosa che mi è venuta in mente, non so perché gliel’ho detta. Non volevo che questa cosa uscisse, volevo pensarci io direttamente dal dottore”, riferì l’uomo agli inquirenti. Il resto dei Ciontoli riferì invece di aver udito ciò che fu scambiato per un “colpo d’aria”. Quando i soccorritori intervennero, dopo un primo trasporto in ospedale a Ladispoli Marco fu trasportato in elisoccorso al Gemelli di Roma ma alle 3 di notte la sua vita si spense per sempre. Cosa avvenne davvero in quell’abitazione tra lo sparo avvenuto, a detta dei Ciontoli, nel bagno della loro abitazione e la chiamata ai soccorsi? Un buco enorme che la famiglia della vittima spera di riuscire a colmare con il nuovo processo d’Appello a carico dei Ciontoli.