Genova: riaperto il caso sul delitto del trapano

Sono passati 27 anni da quando Maria Luigia Borrelli venne uccisa a Genova in quello presto rinominato come “delitto del trapano“. Venne trovata morta nell’appartamento che usava per prostituirsi, nel centro storico di Genova, con un trapano verde conficcato in gola. Il caso, però, sembrava irrisolvibile, e infatti a distanza di 27 anni dall’omicidio non si sa ancora il nome del colpevole.



La procura di Genova, però, su indicazione di una possibile testimone sull’omicidio di Maria Luigia Borrelli, ha riaperto il caso, indagando sull’ex primario di un ospedale cittadino con il quale la donna avrebbe avuto una relazione. Le nuove rivelazioni sono state fatte dalla figlia di un’amica della Borrelli, che all’epoca dei fatti era bambina, ed alla quale la madre rivelò di avere dei sospetti sul medico, morto pochi anni fa. Il primario e Maria Luigia Borrelli, secondo il racconto della donna, si erano conosciuti in ospedale e avevano iniziato una frequentazione, mentre subito dopo l’omicidio la madre della donna lo vide in reparto con il volto tumefatto e graffiato. Il movente, in questa ipotesi, sarebbe stata una richiesta di denaro da parte della Borrelli (che si prostituiva proprio per le difficoltà economiche che attraversava) per tenere la relazione segreta.



Cosa è successo a Maria Luigia Borrelli

L’omicidio di Maria Luigia Borrelli, noto come delitto del trapano, risale al 5 settembre 1995 e trova il suo teatro nel centro storico di Genova. Maria era un’infermiera specializzata in assistenza agli anziani, mentre di notte, con il nome di Antonella, si prostituisce proprio nel centro storico. Nel suo appartamento venne trovata, la mattina del 6 settembre, morta con un trapano verde conficcato in gola.

Il trapano oggetto del delitto di Maria Luigia Borrelli vene identificato come di proprietà del muratore Ottavio Salis, che di giorno lavorava nello stabile. Sulla vittima, oltre al trapano, vengono trovati anche altri 12 colpi, tutti inferti ad organi vitali e dopo la morte della donna. Salis venne convocato in procura, ma prima di presentarsi, per la vergogna di essere stato accusato pubblicamente, si gettò da un cavalcavia. Non era lui l’autore del delitto del trapano, e venne scagionato dal DNA, portando anche la donna che aveva fatto il suo nome a togliersi la vita per il rimorso. Quel DNA trovato sul corpo di Maria Luigia Borrelli, però, non diede mai nessuna corrispondenza, rendendo di fatto il delitto uno dei più lunghi cold case italiani, che forse ora avrà una conclusione.