Il giudice per le indagini preliminari di Roma ha convalidato l’arresto di Costantino Bonaiuti, l’uomo di 61 anni che ha ucciso l’ex fidanzata Martina Scialdone di 35 anni in un ristorante della Capitale. L’uomo, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili e abbietti motivi rappresentati dalla gelosia, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Nel frattempo, è emerso il mistero del segnale in codice non capito dal cameriere. Ci sarebbe stato un concatenarsi di eventi che ha condannato alla morte l’avvocata. Il primo momento chiave è quello delle doppie chiavi che il personale del ristorante ha usato per far uscire Martina Scialdone dal bagno in cui si era rifugiata quando l’uomo era andato su tutte le furie.
«Abbiamo chiamato la polizia già durante la lite iniziale e abbiamo domandato alla ragazza se volesse rimanere nel locale. Lei ha detto che era tutto ok ed è uscita per andare via: non abbiamo cacciato nessuno», affermano i gestori del Brado. A confermare tale versione anche l’analisi delle chiamate in entrata al numero unico di emergenza, ma resta il fatto che Martina Scialdone si era chiusa in bagno, evidentemente impaurita. Perché allora è stata fatta uscire da quel rifugio? I ristoratori si erano preoccupati delle sue condizioni. «C’era mio fratello e anche alcuni clienti che si erano preoccupati per questa ragazza chiusa in bagno. Abbiamo aperto la porta. Lei è uscita volontariamente, ci mancherebbe, non è stata cacciata neanche per sogno, assolutamente», la spiegazione di Christian Catania, uno dei gestori del Brado, a Repubblica. Dunque, uno dei dipendenti ha chiesto alla donna di calmarsi. «Se lei avesse detto che non si sentiva tranquilla, ci saremmo chiusi con lei nel locale, avremmo abbassato la serranda e aspettato la polizia. Quando c’è una discussione chiamiamo sempre la polizia. Noi abbiamo fatto tutto ciò che doveva essere fatto».
NESSUN RISCONTRO SU “SEGNALE IN CODICE”
La seconda porta, quella “scorrevole”, sarebbe stata quella decisiva. Infatti, i ristoratori le hanno offerto aiuto, chiedendole se aveva bisogno di qualcosa, ma lei avrebbe risposto di no. Non trova invece riscontri la storia della vittima in cerca di aiuto con uno sguardo fugace, un’occhiata rivolta ad un cameriere che le aveva offerto una sigaretta. Martina Scialdone era impaurita, ma il cameriere ha riferito di non aver colto alcun segnale, nessuna richiesta di aiuto tramite uno sguardo. La 35enne credeva che la vicenda fosse finita, invece le cose sono andate diversamente. Una ventina di metri dopo le è stata sparata una pallottola che le ha centrato il petto. L’esame dei video delle telecamere di videosorveglianza interne ed esterne al locale chiariranno ogni dubbio, anche sul comportamento di clienti, titolari e dipendenti del ristorante.
«C’è stato un ritardo generalizzato, pare che la ragazza si sia recata con le proprie forze a chiedere aiuto dopo l’aggressione ma pare non abbia ricevuto nessun sostegno», dichiara l’avvocato Fabio Taglialatela, legale di Costantino Bonaiuti. Inoltre, ritiene non si tratti di omicidio volontario o preterintenzionale, ma di un «tragico errore di un soggetto che forse voleva porre fine alla propria vita e che invece soffrirà per sempre». Il legale fa riferimento anche a «difficoltà psicologiche e psichiatriche» del suo assistito, il quale era seguito da un centro per una forma depressiva, «ma non è questa patologia che ha dato luogo all’evento perché era assolutamente controllata».