“Era meglio se si ammazzava lui”: il dolore del padre di Fabrizio Biscaro, il killer di Elisa Campeol, la donna di Pieve di Soligo (Treviso), è tutta in questa lapidaria frase concessa in una intervista. Mario, il padre del 34enne operaio di Col San Martino, è ancora incredulo per quanto accaduto, come peraltro l’opinione pubblica: la 35enne è stata uccisa con diverse coltellate mentre prendeva il sole sulle sponde del Piave a Moriago della Battaglia e al momento non sarebbero emersi legami tra l’uomo e la vittima, cosa che rende ancora più misterioso questo caso di cronaca nera. E all’oscuro del movente (anche se per adesso la pista più accreditata pare quella del raptus omicida) è lo stesso Mario Biscaro che all’edizione veneta del Corriere della Sera ha provato a ricostruire quanto accaduto.
“Povera ragazza e povera anche la sua famiglia” esordisce il signor Biscaro, provando commozione per quella che sembra essere stata forse una vittima scelta a caso dal figlio: “Mi dispiace, vorrei chiedere loro scusa perché mi sento in colpa” ha raccontato il genitore al cronista del Corriere, dicendo inoltre di sentirsi responsabile per quel figlio che dopo aver commesso il crimine si era andato a costituire portando anche un orecchio della povera Elisa come prova. E sul fatto che il figlio, sofferente di problemi psichici, abbia ammesso di aver provato un irresistibile impulso a uccidere, il padre dice: “Non era mai stato violento nei confronti delle altre persone: circa cinque anni fa era entrato in crisi, soprattutto perché non trovava un’occupazione stabile” prova a spiegare, ricordando anche l’angoscia di vivere sulle spalle dei genitori e il fatto che Fabrizio ha pochi amici.
“ERA MEGLIO SE MORIVA LUI”: PARLA IL PAPA’ DEL KILLER DI ELISA CAMPEOL
“Per lui quelli durante il Covid sono stati mesi duri: e così, alla fine dello scorso anno, ha cercato di togliersi la vita impiccandosi” ha poi rivelato Mario Biscaro nel prosieguo dell’intervista, spiegando di averlo salvato lui accorgendosi in tempo del drammatico tentativo messo in atto dal figlio. Da lì un ricovero in un ospedale psichiatrico e poi il ritorno a casa, non mantenendo la promessa fatta al genitore, ovvero di comportarsi bene e di non fare più nulla di sbagliato. “Dopo le dimissioni faceva lunghi giri in mountain bike, scattava foto ai rally (…) Da qualche mese, attraverso un’agenzia interinale, faceva l’operaio per una ditta qui vicino: ma abbiamo saputo che si era appena licenziato” spiega il padre, passando poi a ripercorrere le drammatiche ore del giorno dell’omicidio di Elisa Campeol.
“L’ultima volta che l’ho visto? Martedì, dopo il turno in fabbrica” ricorda, spiegando che al loro ritorno a casa Fabrizio non c’era già più. “All’inizio abbiamo pensato fosse andato da qualche parte in auto, ma passavano le ore e non tornava. A sera ci siamo preoccupati e la mattina dopo siamo andati dai carabinieri a denunciarne la scomparsa” aggiunge nell’intervista, confessando di non aver mai pensato che nello zaino che il figlio aveva preparato per uscire vi potesse essere anche il coltello usato per uccidere la donna. “quello che ha fatto è orribile: uscire e ammazzare qualcuno a casaccio. Ma scherziamo? Era meglio se uccideva se stesso. Invece si è devastato la vita, ha distrutto la famiglia di Elisa Campeol, e ha rovinato per sempre anche la nostra, di famiglia. Questo è un piccolo borgo, la gente ora ci guarda diversamente, c’è quasi un desiderio morboso di sapere” conclude sconsolato il padre ripensando a quelle dinamiche che puntualmente vanno in scena nella periferia italiana all’indomani dei fatti di cronaca nera.