La commissione Antimafia apre ad una nuova versione dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini, secondo cui ad uccidere il poeta nella notte del 2 novembre 1975 sia stato un gruppo della malavita romana, che a breve sarebbe diventata la famigerata Banda della Magliana. L’inchiesta, come ricostruito da La Stampa, è partita nel 2005, quando alla riapertura delle indagini sul caso, Pino Pelosi, unico condannato, che inizialmente aveva ammesso di essere il killer e di avere agito con un movente sessuale, ha ritrattato, sostenendo di avere confessato per paura di ritorsioni ma di non essere il reale colpevole. L’uomo sarebbe poi morto qualche anno fa.



Dietro alla morte dello scrittore e regista, in realtà, pare esserci una vicenda ben più complessa, i cui protagonisti sarebbero alcuni elementi della Banda della Magliana, ovvero la holding affaristico-criminale che imperversò a Roma fino alla fine degli anni Ottanta. La sua nascita è datata però nel 1977, due anni dopo l’omicidio, per cui se fosse vero si tratterebbe di un’organizzazione non del tutto ancora strutturata. Il movente del coinvolgimento, inoltre, resta un mistero. A esso potrebbe essere collegata la pellicola rubata di Salò oppure il romanzo Petrolio, che trattava delle stragi dell’epoca e non fu mai completato.



Omicidio Pasolini, Antimafia: “Magliana l’attirò con film rubato”. Il tranello

Quel che secondo la commissione Antimafia è certo è che Pier Paolo Pasolini fu attirato da alcuni esponenti della futura Banda della Magliana all’idroscalo di Ostia con il pretesto di fargli riavere alcuni pezzi della pellicola di Salò che erano stati rubati a Cinecittà durante la fase di montaggio. In realtà, si trattava soltanto di un tranello. Lì, infatti, fu picchiato ferocemente e successivamente investito con la sua stessa auto. Le “pizze” del film sarebbero state alcune settimane dopo ritrovate da Nicola Longo, un ex poliziotto ed ex agente segreto, che in una intervista ha ammesso di avere ricevuto una soffiata su dove si trovassero da un boss della malavita romana. A quel punto, però, non sarebbero più state utilizzate, perché per terminare il film (uscito nelle sale a distanza di un mese dalla morte del regista) si era fatto ricorso a delle scene alternative.

In questi anni, intanto, altre versioni hanno confermato questa possibile pista. In base ad altre testimonianze di membri dell’organizzazione, a ordinare il furto era stato Franco Conte, che gestiva una bisca clandestina e conosceva il poeta. Pino Pelosi, nella vicenda, non avrebbe avuto dunque alcun ruolo. L’allora diciassettenne fu ritenuto il colpevole perfetto per insabbiare la realtà dei fatti. La sua versione, incluso il movente sessuale, sarebbe stata creata completamente a tavolino. La verità giudiziaria, tuttavia, non può più essere cambiata, a differenza di quella storica.