È cominciato oggi il processo per l’omicidio di Rosina Carsetti, la 78enne trovata morta il 24 dicembre 2020 nella villetta di Montecassiano dove viveva. Si sarebbe dovuto aprire a gennaio, ma uno degli imputati ha dovuto rinunciare a partecipare per Covid e quindi l’apertura del dibattimento è stata rinviata, come ricostruito oggi da Storie Italiane. Si tratta di Arianna Orazi, figlia della vittima, imputata di omicidio con il padre Enrico Orazi, marito della vittima, e il figlio Enea Simonetti. L’udienza si è aperta alle 11:30 con un quadro complesso, che va dunque chiarito.
Per la procura ad organizzare l’omicidio sarebbe stata la figlia di Rosina Carsetti, invece l’esecutore materiale sarebbe il nipote, mentre il marito – che avrebbe un ruolo marginale nell’omicidio – non avrebbe d’altra parte fatto nulla per fermarlo. Oltre che dell’omicidio, i tre sono chiamati a rispondere, a vario titolo, anche di simulazione di reato, maltrattamenti in famiglia, rapina, estorsione, violenza privata, induzione a non rendere dichiarazioni e furto.
OMICIDIO ROSINA CARSETTI: CHIAMATI 70 TESTIMONI
Per la procura, dopo il trasferimento a Montecassiano di Arianna ed Enea, la vita di Rosina Carsetti sarebbe diventata un inferno. La situazione sarebbe precipitata dopo che l’anziana si era rivolta ad un centro antiviolenza. Dopo l’omicidio, marito, figlia e nipote della vittima hanno negato tutto, parlando di un rapinatore, ma dopo che sono emersi diversi elementi dalle indagini, tra cui alcune intercettazioni, Enrico e Arianna Orazi hanno smesso di parlare, mentre Enea Simonetti ha accusato il nonno.
Per fare chiarezza sul delitto sia il pubblico ministero Vincenzo Carusi sia i difensori hanno chiesto di sentire decine di testimoni, circa 70 sono quelli della procura. Anche se alcuni sono stati citati da tutte le parti, ci vorranno molte udienze per completare l’istruttoria e ricostruire la vicenda con l’attenzione necessaria. Nella scorsa udienza, quella rinviata, ha chiesto di farlo invece l’associazione Gens Nova, tramite l’avvocato Elena Fabbri, che si occupa di assistenza legale e psicologica di donne e minori in difficoltà. Come riportato dal Resto del Carlino, intende chiedere un risarcimento simbolico, in caso di condanna, da destinare alle finalità sociali. Anche questa questione sarà esaminata oggi.