OMICIDIO SHARON VERZENI, MOUSSA SANGARE TRASFERITO A MILANO

Mousse Sangare non è più detenuto nel carcere di Bergamo, ma si trova in quello di San Vittore a Milano: lo rivela LaPresse, citando fonti qualificate, da cui ha appreso anche che il trasferimento del 30enne è stato disposto «per ragioni di incolumità». L’uomo, che ha confessato l’omicidio Sharon Verzeni, era finito nel mirino di alcuni detenuti che avrebbero lanciato bombolette incendiate.



In queste ultime ore sono emersi nel frattempo anche gli errori commessi nella caserma dei carabinieri: la mattina del 29 agosto è stato riconosciuto dai due testimoni, entrambi di origine marocchina, Amin Ettayeb e Mohammed Ghannamy, anche se non aveva più le treccine, che aveva tagliato dopo il delitto. I due lo avevano incrociato vicino al cimitero di Chignolo circa 15 minuti prima che accoltellasse Sharon Verzeni. Negli scambi in caserma, che sono stati intercettati, uno dei due testimoni gli ricorda dell’incontro e conferma che è avvenuto la sera dell’omicidio. Inoltre, Sangare ha indicato un dettaglio che era sconosciuto a tutti, cioè che l’assassino era scappato in bici a grande velocità.



“COLTELLO SEPOLTO? FORSE VOLEVA UCCIDERE ANCORA”

Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip segnala la lucidità del ragazzo prima di uccidere, ad esempio nella scelta di una vittima vulnerabile, e dopo il delitto, visto che si è tagliato i capelli, ha modificato la bici e si è liberato delle prove. Infatti, ha lanciato due borse nell’Adda: una è stata ripescata, per un’altra le ricerche sono in corso.

Per quanto riguarda l’arma con cui ha ucciso la donna, l’ipotesi del gip è che l’abbia sepolta per avere «una sorta di trofeo» da «conservare per ricordare quanto era stato in grado di compiere o, in una prospettiva più inquietante, di avere un nascondiglio sicuro e da lui immediatamente individuabile dove eventualmente reperire l’arma da taglio per commettere altri reati della stessa specie». Gli psichiatri del Papa Giovanni XXIII che lo hanno visitato il giorno dopo il fermo non hanno riscontrato tracce di malattie psichiatriche né remote né recenti.



“SHARON VERZENI UCCISA DA UN AMICO”: LE BUGIE DI MOUSSA SANGARE

Prima di confessare l’omicidio, Moussa Sangare aveva provato a cavarsela con diverse bugie. Ad esempio, aveva provato a convincere gli investigatori che Sharon Verzeni era con un amico e che quest’ultimo, al culmine di una lite, l’aveva accoltellata. Una versione fantasiosa che prevedeva che il 30enne fosse stato minacciato da questo fantomatico amico. «Circostanze palesemente false» quelle descritte dal 30enne, smentite dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza e dalle intercettazioni tra il 30enne e i due testimoni che lo avevano riconosciuto in caserma.

Inizialmente aveva pure negato di essersi stato a Terno d’Isola negli ultimi mesi, eppure quando ha visto il filmato che riprendeva il percorso notturno ha ammesso che era presente sul luogo del delitto, pur indicando un’altra persona, che descriveva in maniera «sommaria e incoerente», come l’assassino. Altra falsità è quella dei capelli tagliati due o tre mesi prima dell’audizione, circostanza smentita dal fatto che avesse i capelli corti al momento dell’audizione, quindi il taglio doveva essere recente.