A poco più di 20 giorni dall’omicidio Sharon Verzeni, Sergio Ruocco ha deciso di scambiare un paio di parole con la redazione di Repubblica, ragionando sul (triste ed oscuro) accaduto in quella maledetta notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi e – soprattutto – su quello che oggi lui può fare per dare una qualche svolta alle indagini: il punto di partenza non a caso è proprio la ventilata terza convocazione da parte dei Carabinieri, dopo il primo incontro subito dopo la morte di Sharon Verzeni e il secondo alle porte di Ferragosto.



“Lo spero che mi chiamino – spiega Sergio Ruocco a Repubblica -, se serve a dare una mano certo che vado. Avrei preferito andarci già ieri e ci andrei pure oggi”, perché con il passare dei giorni la sua volta di scoprire chi ha potuto ordire la morte della sua fidanzata si fa sempre più forte, così come non si affievolisce la speranza che “prendano questa persona”, sia per dare delle risposte ad un omicidio incomprensibile sia – e forse soprattutto – perché il killer “non merita di stare in giro” visto che potrebbe sempre fare del male anche “ad altri”.



Omicidio Sharon Verzeni, Sergio Ruocco: “Non riesco a realizzare di non poterla più sposare”

Interpellato su quella maledetta e difficilissima nottata, Sergio Ruocco sostiene di preferire “non ricordarla” così come non capisce neppure perché la sua Sharon “[sia] uscita così tardi, forse perché a quell’ora faceva meno caldo“; ma al contempo è certo che se avesse saputo che ad aspettarla c’era un killer “le avrei detto: ‘aspetta, non uscire’. Non riesco ancora a realizzare che non avremo più una vita assieme, dopo oltre tredici anni”.



Tredici anni in cui lui e Sharon Verzeni – racconta – avevano programmato di “sposarci, avere un figlio. Lo volevamo, uno sicuro [e] forse di più”, mentre oggi resta solamente una domanda (per ora) senza risposta: “Perché tutto questo è dovuto succedere proprio a noi?”. Chiudendo la sua breve (e certamente sofferta) intervista – infine – Ruocco accompagnato dal padre della sua fidanzata racconta di star vivendo a casa dei suoceri sia perché la sua villetta è ancora sotto sequestro, sia perché “almeno stiamo insieme, ci diamo supporto in un momento così difficile”.