Dopo il fermo momentaneo di Moussa Sangare – il 30enne che ha confessato l’omicidio di Sharon Verzeni – è stato pubblicato il lungo e dettagliato parere della gip di Bergamo Raffaella Mascarino (incaricata di seguire il fascicolo aperto dal pm Emanuele Marchisio) con il quale ha convalidato definitivamente l’arresto dell’uomo e disposto la misura cautelare in attesa di un processo formale: sempre oggi, dopo alcuni giorni trascorsi nel carcere di via Gleno – sempre nel bergamasco – è stato trasferito in un’altra struttura a causa del lancio di alcune bombolette incendiarie subito da alcuni ‘colleghi’ detenuti.



Tornando al parere della gip su Moussa Sangare, è interessante notare come – nonostante il suo legale pochi giorni fa avesse parlato di un ipotetico problema psichiatrico di cui soffrirebbe il suo assistito – a suo dire l’uomo avrebbe agito in “uno stato mentale pienamente integro“; così come i medici che l’hanno visitato dopo l’arrivo al carcere bergamasco hanno sottolineato nel loro referto – citato da Ansa – che il 30enne non mostra “alcuna traccia di patologia psichiatrica né remota, né recente”.



Per la gip durante tutte le fasi antecedenti e successive all’omicidio di Sharon Verzeni, Sangare avrebbe sempre dimostrato una ferma “lucidità” mentale, scegliendo con cura il suo bersaglio dopo averne scartati altri cinque, ma anche scappando in bici stando attento a quali strade seguire e – forse soprattutto – tornando sulla scena del delitto per recuperare un berretto perso; senza dimenticare che si sarebbe addirittura tagliato i capelli dopo aver modificato la bicicletta.

Omicidio Sharon Verzeni, la gip Mascarino: “Moussa Sangare ha conservato il coltello come macabro ricordo”

Le reali motivazioni di Moussa Sangare per compiere l’omicidio “casuale, gratuito, addirittura capriccioso” della barista 33enne – spiega ancora la gip nella convalida del fermo – sarebbe da ricercare in due elementi principali: innanzitutto “la noia” dovuta all’assenza di “un’attività lavorativa”; ma poi anche i “valori trasmessi” dalla musica che ascoltava – ovvero il rap e la trap italiana -, fine ad esaltare “la violenza, il sesso estremo [e] l’esigenza di prevalere“.



Ulteriore riprova che Moussa Sangare fosse completamente in grado di intendere e di volere, oltre che intenzionato a compiere effettivamente l’omicidio, la gip la ritrova nel macabro passatempo di “lanciare coltelli a una rudimentale sagoma di cartone” decorata con “un cuscino su cui era disegnato un volto umano”; mentre non manca neppure un riferimento al fatto di aver conservato – secondo la giudice per “avere memoria” dell’omicidio – il coltello sotterrandolo dopo aver gettato nel fiume gli altri tre che si era portato da casa quella triste sera.