“Ero frustato e insoddisfatto di Shinzo Abe, ho mirato per ucciderlo” ha detto Tetsuya Yamagami, il 41enne fermato dopo aver sparato all’ex premier giapponese durante un comizio. Impossibile al momento capire il significato delle sue parole (senza escludere un qualche disturbo mentale) che dato l’intricato panorama politico e religioso giapponese possono assumere aspetti differenti. Solo poche settimane fa, all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina infatti, l’ex premier aveva detto che se Kiev avesse avuto a disposizione almeno una parte delle armi nucleari sovietiche restituite con gli accordi del 1994, “i russi non avrebbero mai attaccato”.



Non solo: aveva aggiunto che il Giappone dovesse voltare pagina dalla sua Costituzione pacifista che si fonda sul principio dei “tre no”, no alla produzione, no al possesso e no all’introduzione sul proprio territorio di armi nucleari. Aggiungendo che sarebbe l’ora di “considerare l’opzione di chiedere la condivisione degli armamenti nucleari Usa, come già avviene con alcuni paesi Nato”.



Come ci ha spiegato Massimo Introvigne, sociologo e fondatore del Cesnur in questa intervista, quelle parole hanno immediatamente scioccato i giapponesi: “Il Giappone è l’unico paese al mondo dove le bombe nucleari sono esplose davvero, ancora oggi il complesso panorama religioso e politico si divide tra i pacifisti totali e gli estremisti di destra, nostalgici e desiderosi di una guerra vendicatrice nei confronti degli Stati Uniti e del mondo occidentale”.

In questo senso, l’attentatore potrebbe essere stato deluso dall’atteggiamento pro nucleare di Abe così come dalla mancata realizzazione della sua proposta.



Si stanno facendo molte ipotesi dietro l’omicidio dell’ex premier giapponese. Una di queste è che l’attentatore abbia voluto vendicare Shōkō Asahara, vero nome Chizuo Matsumoto, fondatore della setta religiosa estremista Aum Shinrikyō, autrice di efferati crimini tra i quali l’attentato del 1995 alla metropolitana di Tokyo. La condanna a morte del capo della setta venne eseguita l’8 luglio 2018 quando al governo c’era proprio Shinzo Abe. Per alcuni, Yamagami potrebbe aver agito per vendetta. Che ne pensa?

Direi che al momento non abbiamo in mano alcun elemento che possa sostenere questa tesi. Da come lo descrivono, il tipo umano dell’attentatore, un ex militare, non sembra avere nulla a che fare con un praticante di buddismo tantrico anticosmico come erano i membri di quella setta.

Però la coincidenza dell’attentato con la data della morte del fondatore della setta è interessante, no?

Ho avuto occasione di intervistare membri di quella setta. Come ho detto, il personaggio non mi sembra uno di loro. Potrei naturalmente sbagliarmi, però la sua vita, ad esempio avere fatto il militare, non corrisponde a quella del seguace tipico.

Era un movimento che univa molti aspetti religiosi differenti, una sorta di sincretismo?

Sì, ma dedito soprattutto al buddismo tantrico. Prima che si scoprissero i crimini perpetrati il fondatore era stato lodato anche dal Dalai Lama, che lo aveva definito “perfettamente ortodosso”.

Il Giappone è caratterizzato da numerose sette, soprattutto quelle composte da nostalgici dell’età di grande potenza imperiale, è così?

In Giappone c’è di tutto, dai gruppi ultrapacifisti ai gruppi militaristi. Bisogna tenere a mente che il Giappone ha subito uno shock che nessun altro Paese al mondo ha subito, quello dell’esplosione della bomba atomica sul suo territorio, per oggi per fortuna un caso isolato. Questo shock ha portato essenzialmente a due reazioni di tipo diverso, una ultrapacifista, non a caso nel mondo buddista giapponese sono nati alcuni movimenti poi estesi a livello globale per la rinuncia all’arma nucleare. L’altra si trova nel mondo dell’estremismo di destra, una reazione militarista secondo la quale il Giappone, avendo perso l’ultima guerra, dovrebbe prepararsi alla prossima, per vincerla.

In questo contesto l’ex premier Abe almeno negli ultimi tempi si era dimostrato alquanto militarista, invocando l’arma nucleare per il suo Paese.

Abe era un abile politico che si alleava un po’ con tutti ed era soprattutto amico degli Usa. Può aver scontentato gli uni e gli altri, però è troppo presto, nella grandissima varietà di espressioni politiche e religiose giapponesi, dire da dove sia venuto l’attentatore senza escludere l’ipotesi dello squilibrato. Ma va detto che tutti i sommovimenti e le inquietudini culturali e religiose giapponesi rimandano sempre ai tragici episodi delle bombe nucleari.  La boma atomica per loro è esplosa davvero, non è una cosa teorica. Molti hanno conosciuto persone deformate per l’esplosione o per le radiazioni, è un’esperienza che nessun altro Paese al mondo fortunatamente ha fatto. Magari non tutte ma gran parte delle tensioni e degli estremismi che attraversano la società giapponese vengono dagli episodi di Hiroshima e Nagasaki.

(Paolo Vites)

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