Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni, morta il 7 agosto del 1990? La giovane venne assassinata in un appartamento al terzo piano del complesso di via Carlo Poma, nel quartiere Della Vittoria, a Roma. Negli ultimi anni le indagini si sono concentrate sull’avvocato Francesco Caracciolo Di Sarno, morto nel 2016. “È il presidente degli ostelli, viene sentito come tutti gli altri” spiega Antonio Del Greco, ex dirigente della polizia. “Venne attenzionato ma non più di tanto perché raccontò di aver portato la figlia in aeroporto in quelle ore” spiega l’uomo che ha condotto le indagini. Ad analizzare la posizione dell’avvocato, all’epoca presidente dell’associazione Ostelli della Gioventù per cui Simonetta lavorava come contabile, è “Farwest”.



Innanzitutto, ci si chiede chi e perché quella sera, in cui Simonetta fu uccisa, telefonò con insistenza dagli uffici degli Ostelli per parlare con l’avvocato Caracciolo. Sull’autore di quelle telefonate si sono fatte varie ipotesi. Chi chiamava, dunque, e soprattutto perché? Forse per avvisare l’avvocato dell’arrivo della polizia? “È emerso dal figlio di Mario Macinati, che sua sorella fosse stata molestata dall’avvocato Caracciolo Di Sarno – spiega Giacomo Galanti, giornalista de La Repubblica – E non avrebbero detto nulla all’epoca dei fatti perché loro lavoravano per lui e lui era un uomo potente”.



Omicidio Simonetta Cesaroni, cosa dicono i testimoni

Chiamato da “Farwest”, il figlio di Mario Macinati, ex giardiniere della tenuta dell’avvocato, racconta: “Molestie su mia sorella? Sì, le ha ricevute, una volta però. È una cosa finita e morta lì. Caracciolo Di Sarno era uno abituato così, come li vogliamo chiamare… Lui con mia sorella ci ha provato, lei aveva una ventina d’anni. È successo l’anno stesso o l’anno prima dell’uccisione di Simonetta Cesaroni. L’avvocato era in contatto con tutti, capi della polizia, ministri, tutti”. A distanza di tanti anni, inoltre, è emerso che l’avvocato avrebbe mentito sul suo alibi: la portiera del palazzo dove l’uomo abitava, lo avrebbe visto tornare in tutta fretta con un pacco il giorno dell’omicidio, in un orario compatibile con l’assassinio.



La sera dell’omicidio, Caracciolo Di Sarno tornò a Tarano, in provincia di Rieti, nelle sue tenute. A “Farwest” una sua ex conoscente rivela: “Lo conoscevo bene perché siccome lui aveva questo grosso possedimento terriero, con una serie di villette, io ero un ospite di questo resort e negli anni sono diventata sua amica. Lui aveva un carattere un po’ fumantino, per il resto era un gran signore. La factotum del resort quella sera mi telefonò e mi disse che l’avvocato era rientrato da Roma in condizioni diverse dal solito perché era molto accaldato, molto sudato, molto rosso in faccia. Lei rimase colpita tanto da chiedergli cosa fosse successo. Io all’epoca non ho dato importanza a questa cosa perché c’erano altre persone coinvolte. Vanacore potrebbe averlo aiutato nel ripulire la scena del crimine? Sì”. Contattata poi proprio la factotum, non ha rilasciato dichiarazioni, asserendo solamente: “Tanto sono morti entrambi”.

Delitto di Via Poma, l’avvocato: “Tanti soggetti non attenzionati”

Federica Mondani, avvocato della famiglia di Simonetta Cesaroni, ospite in studio a Far West dice: “In questi anni abbiamo evidenziato che ci sono stati dei soggetti nella zona di quella palazzina che non sono stati attenzionati, ai quali non è mai stato chiesto di fare un esame del Dna”. In studio anche Antonio Del Greco, ex dirigente della polizia: “Forse abbiamo sbagliato a concentrarci troppo su Pietrino Vanacone. Non pensammo che potesse essere un complice dell’assassino. Le telefonate a Caracciolo Di Sarno? Palese che fossero dell’assassino o del complice dell’assassino”.