Omicidio Simonetta Cesaroni, un mistero ancora irrisolto dopo 34 anni di indagini che non sono ancora riuscite a dare un nome e una condanna definitiva al colpevole. Il delitto di Via Poma è uno di quei casi che ha attraversato nel corso dei processi vari ribaltamenti nelle sentenze, costringendo la Procura di Roma ogni volta a cambiare pista. Le strade alternative sono state molte, oltre ai principali indiziati che da subito furono ricercati tra quelli che frequentavano Simonetta nella vita quotidiana o che potevano avere un movente per uccidere la vittima, sono state avanzate anche altre ipotesi, che hanno visto il coinvolgimento della criminalità organizzata, nell’ambito di intrighi legati ai servizi segreti, ma anche la possibilità che si trattasse di un serial killer.
Anche se ancora oggi nessuna di queste piste si è rivelata quella giusta, sono emersi comunque dettagli che avrebbero potuto dare finalmente una svolta all’inchiesta. Il primo mistero sul quale gli inquirenti si sono concentrati è stato quello del Videotel, sistema precursore di internet con il quale Simonetta lavorava nella sede dell’associazione Alberghi per la gioventù di Roma.
Delitto di Via Poma, Simonetta uccisa da un serial killer conosciuto nella chat del Videotel?
Tra le prime ipotesi emerse nelle indagini per l’omicidio di Simonetta Cesaroni c’era la pista del serial killer conosciuto tramite videotel. Secondo il suggerimento di una lettera anonima inviata alla Procura infatti, era proprio attraverso quel mezzo di comunicazione che la vittima avrebbe conosciuto quello che poi si era rivelato come un assassino, e al quale aveva aperto volontariamente la porta dell’ufficio nonostante l’ordine di non fare entrare nessuno. Questa tesi, viene riportata anche nel libro “Anatomia di un serial killer”, che parla di Marco Bergamo, conosciuto anche come il “Mostro di Bolzano“, condannato all’ergastolo per l’omicidio di altre cinque donne, e che secondo l’autore avrebbe ucciso anche Simonetta, dopo averla conosciuta nella chat del Videotel e chiesto un incontro di persona.
Anche se il profilo di un feticista deviato che uccide dopo essere stato rifiutato sessualmente dalla vittima potrebbe coincidere con quanto ipotizzato dalla Procura in merito al reato, compreso il furto di biancheria intima, non sono mai state ritrovate sufficienti prove per poter continuare su questa strada. Le indagini sul serial killer conosciuto tramite videotel quindi furono archiviate, nonostante questo avrebbe spiegato anche le telefonate anonime che Simonetta costantemente riceveva in ufficio.
Omicidio Simonetta Cesaroni, le ipotesi del delitto compiuto dalla banda della Magliana su ordine dei servizi segreti
La più importante tra le piste alternative nel delitto di Via Poma, fu quella che coinvolgeva direttamente organizzazioni criminali che operavano per conto di personaggi potenti legati ai servizi segreti. In queste ipotesi emersero anche la banda della Magliana e il Vaticano, facendo così intrecciare per un momento la storia dell’omicidio di Simonetta Cesaroni a quella di Emanuela Orlandi. La tesi era che Simonetta fosse stata uccisa perché aveva scoperto negli archivi dell’Associazione Alberghi per la Gioventù, alcuni documenti che dovevano restare segreti, relativi a presunti favori su appalti di edilizia, terreni concessi e illeciti nell’ambito di progetti di sviluppo in Somalia.
Nel corso del processo, la probabilità che questa ipotesi potesse essere la più accreditata aumentò anche grazie alle conferme nelle testimonianze degli inquilini del palazzo in Via Poma che parlavano di aver visto tre uomini salire verso l’ufficio di Simonetta. Tuttavia, la pista dei servizi segreti fu abbandonata per vari motivi. La prima è comunque sempre la mancanza di prove sufficienti per portare avanti una inchiesta, che se approfondita poteva fare emergere altri scandali che avrebbero inevitabilmente imposto di indagare su altri misteri legati proprio al legame tra istituzioni e criminalità per interessi economici.