A Morning News si torna a parlare del caso di Sofia Castelli, la giovane uccisa a Cologno Monzese dall’ex fidanzato, il 23enne Zakaria. In studio vi era la nota criminologa Anna Vagli, che si è soffermata sulla questione della premeditazione, dandola di fatto per certa: “Lui ha avuto tempo di pensare, pianificare l’omicidio, mai un momento di esitazione, mai un momento di pentimento, lucido, un controllo emotivo in tutte le fasi del delitto da quando l’ha pianificato a quando l’ha messo in atto, la sua decisione era ferma, eliminare la ragazza. E’ stato per sei ore di tempo chiuso nell’armadio un tempo lunghissimo. Sicuramente c’erano stati segnali disfunzionali nella relazione, lui aveva minacciato il suicidio, tutte condotte che soggetti narcisisti mettono in campo per ripristinare il controllo sulle vittime e se non ce la fanno devono arrendersi che significa cancellare e uccidere”.
OMICIDIO SOFIA CASTELLI, IL COMMENTO DI ANNA VAGLI E MANUELA CARCANO
Quindi Anna Vagli ha proseguito, soffermandosi sul dettaglio emerso dal racconto della notte dell’omicidio, ovvero, che il 23enne si sarebbe sentito male dopo l’assassinio: “Ha programmato tutto, anche la fase successiva, perchè consapevole di ciò che ha fatto, ha preservato le conseguenze penali. Vuole già prospettare che fosse infermo o semi infermo di mente, qui abbiamo la piana lucidità lui voleva ucciderlo e questo ha fatto, non c’è alcuna possibilità di infermità, non credo che gli verrà concessa, sono elementi troppo forti, penso che ad un certo punto gli verrà contestata l’aggravante della crudeltà. In battaglia giuridica non penso che ci sia alcun modo per il riconoscimento delle attenuanti”.
Sull’omicidio di Sofia Castelli si è infine espressa infine anche Manuela Carcano, che in studio pone l’accento sulla questione culturale della vicenda: “Questo ce la dice lunga su tutti questi ragazzi musulmani che vivono in Italia o sono nati in Italia che sono un milione e 300mila, questo è il fallimento di inclusione e integrazione che non c’è stata assolutamente. Quanto la loro cultura sia anche infarcita di religione e quanto non vogliano integrarsi nel nostro contesto, non si può neanche parlare di inclusione, il fattore culturale è fondamentale per quanto riguarda una cultura e una religione ed è fondamentale anche per la nostra religione”.