Mentre si scava nella storia personale di Sofia Stefani, uccisa a 33 anni dall’ex collega vigile Giampiero Gualandi negli uffici del comando di Polizia locale di Anzola dell’Emilia, nel Bolognese, affiorano racconti che riguardano il 63enne indagato per l’omicidio della giovane vigilessa, ex comandante dello stesso centro emiliano nel quale, pochi giorni fa, si è consumato il delitto ancora tutto da decifrare.



A riportare una delle testimonianze è Il Resto del Carlino, che cita quanto dichiarato da un altro ex membro del corpo che avrebbe avuto a che fare con lui anni fa, quando Gualandi avrebbe preso il suo posto al vertice dell’ufficio nel 2001. Si tratta del racconto di Mauro Querzè, ex ispettore dei vigili che per qualche tempo gli avrebbe fatto da vice. Gualandi, secondo il resoconto dell’ex collega, sarebbe arrivato in servizio da un altro comune prendendo le redini, ma la cosa avrebbe destato polemiche nella zona e tensioni interne. Attriti che avrebbero visto Querzé, in un giorno di lavoro come tanti, arrivare e trovare la porta del suo ufficio chiusa a chiave. L’uomo avrebbe raccontato di episodi di mobbing che lo avrebbero costretto a fare causa contro l’attuale indagato per l’uccisione di Sofia Stefani: “Il giudice – ha dichiarato Querzè –, vista la situazione, sentenziò che dovevo ricevere un indennizzo di circa 30mila euro e un posto di pari opportunità. E così fu“. Lo stesso ex collega, sempre stando a quanto riporta il giornale, nonostante le questioni trascorse avrebbe dipinto Gualandi come “persona intelligente e preparata” sotto il profilo professionale e non ha commentato la vicenda per la quale è finito recentemente in carcere con l’accusa di omicidio.



Omicidio Sofia Stefani, il punto sulle indagini ad Anzola dell’Emilia

Le indagini sulla morte di Sofia Stefani procedono a ritmo serrato e poche ore fa, ricostruisce Ansa, il gip del Tribunale di Bologna ha disposto la custodia cautelare in carcere per l’ex comandante di Polizia locale Giampiero Gualandi dopo aver rilevato gravi indizi a suo carico. Dal canto suo, il 63enne indagato si sarebbe detto estraneo a un gesto volontario e avrebbe parlato di un incidente, sostenendo che il colpo che ha ferito la giovane vigilessa sarebbe partito per sbaglio mentre lui puliva l’arma d’ordinanza.



Sofia Stefani, sempre stando al racconto iniziale fornito dal vigile, si sarebbe trovata seduta di fronte a lui nell’ufficio di Anzola dell’Emilia dove, fino al 2023, la stessa avrebbe prestato servizio. Apparentemente inspiegabile, secondo quanto sostenuto dalla responsabile del servizio di Polizia locale di quell’area, Silvia Fiorini, la presenza della 33enne nella sede in cui sarebbe stata uccisa: nessuno, a parte qualche voce su una presunta relazione clandestina tra i due, sarebbe a conoscenza del perché Sofia Stefani fosse lì. Secondo la difesa di Gualandi, la donna non avrebbe accettato la fine del loro rapporto imposta dallo stesso 63enne e gli avrebbe inviato diversi messaggi prima di “piombare” improvvisamente, questo quanto dichiarato dal difensore Claudio Benenati, presso il Comando cogliendo di sorpresa l’indagato. La famiglia della vittima chiede giustizia, convinta che qualcosa non torni e che non sia stato un fatto accidentale.