Pochi giorni fa, Pasquale Pinto, ex guardia giurata 55enne, avrebbe ucciso la moglie prima di togliersi la vita nella loro abitazione di San Giovanni a Teduccio, quartiere di Napoli. Il quotidiano Il Mattino ha intervistato uno dei figli della coppia, assente al momento dell’omicidio-suicidio perché impegnato in una gita scolastica fuori città e raggiunto dalla terribile notizia proprio mentre si trovava insieme ai compagni di scuola in crociera.



Dopo aver ucciso la moglie, l’uomo si sarebbe barricato in casa e la sua ultima immagine prima del gesto estremo, pistola in mano affacciato al balcone, ha fatto il giro delle cronache. Un’istantanea drammatica nella quale il figlio non risconosce il genitore: “Ho pensato che non era lui. Il suo volto, le movenze e persino la voce non assomigliavano a quelle di mio padre che, in quel momento, sembrava un indemoniato. Aveva la faccia scavata, sorrideva in un modo che non era il suo“. L’unica spiegazione che il giovane prova a darsi per l’accaduto, come riporta nelle sue parole al quotidiano, sarebbero alcune “paranoie” manifestate “qualche volta” dal padre.



Il figlio di Pasquale Pinto: “Non era un assassino”

Il figlio di Pasquale Pinto, nel corso della stessa intervista rilasciata a Il Mattino, ricalca il ritratto del padre sottolineando che “non era un assassino“: “Mia madre e mio padre si amavano e, ovviamente, litigavano come qualsiasi altra coppia. Non li ho mai visti litigare in modo violento. Non si è trattato di un femminicidio. Mio padre nutriva ammirazione per mia madre e rispetto per le donne. Ricordo che era il primo ad aiutarla nell’organizzazione dei viaggi in Polonia, per raggiungere con noi figli la famiglia materna (…). Era un uomo perbene che ha cresciuto tre figli con grande amore e dedizione“.



Secondo il suo racconto, l’uomo avrebbe manifestato alcune “paranoie” per cui lui stesso gli avrebbe consigliato, invano, di rivolgersi ad uno specialista. “In questi casi – ha aggiunto il figlio della coppia –, sapevo come tranquillizzarlo e, in generale, noi familiari ceravamo di calmarlo e spiegargli come stessero le cose. Dopo un po’, infatti, ci dava ragione e tornava alla normalità“.