Non è la prima volta che capita, anche se non dovrebbe mai capitare come tante altre morti causate da armi da fuoco. Anche quelle finte possono uccidere. E’ successo al Bonanza Creek di Santa Fe, New Mexico, sul set di “Rust” un “western” con Alec Baldwin, protagonista del film e della tragedia.

Cosa è successo? Che la pistola di scena (prop gun) di Baldwin ha sparato fuori chissà cosa lasciando senza vita Halyna Hutchins, direttice della fotografia, e ferendo il regista Joel Souza. Come accadde nel ’93 quando a morire sul set di “The Crow” fu Brandon Lee.



La domanda che sorge inevitabile è se una cosa del genere sia effettivamente possibile in un mondo così tecnologicamente sofisticato come quello dell’industria cinematografica. L’unica spiegazione sembra essere che i proiettili non fossero quel che avrebbero dovuto, colpevolmente o dolosamente, come in un giallo di Agatha Christie.



A rendere la disgrazia ancora più intrigante per i media, sempre assatanati alla ricerca del colpo ad effetto, c’è il personaggio coinvolto, quell’Alec Baldwin di 63 anni, a capo di una dinastia di quattro fratelli tutti attori. Alec Baldwin l’attore, il produttore, scrittore, comedian, attivista politico, ma anche l’intemperante, l’uomo soggetto a scatti d’ira, prono all’alcol, finito più volte in mezzo ai pasticci per questi aspetti del suo carattere. E sempre i media si gettano a capofitto sulla vita dei protagonisti della tragedia, rivangandone l’esistenza come fosse spazzatura. Così salta fuori un tweet di Baldwin del 2017: “I wonder how it must feel to wrongfully kill someone…”.  Mi chiedo come ci si possa sentire ad uccidere qualcuno per sbaglio… 



Mi viene in mente quando da piccolo, giocando agli “indiani e cowboy”, sentivo i miei genitori ripetere sempre di non puntare mai fucili e pistole verso le persone. “Ma sono giocattoli”, obiettavo io, e loro, irremovibili, “Mai! Non puntarle mai!”. Solo crescendo ho capito: la guerra finita da poco, il ricordo ancora dolorosamente vivo dei morti ammazzati… La vita è un dono troppo prezioso per farsene sberleffi, neanche per scherzo.

Ci sarà un’indagine e vedremo cosa salterà fuori. Una notizia così, in mezzo a tante notizie “più importanti”. Eppure leggo e ne resto colpito non tanto per Baldwin, ma per quella povera donna di soli 42 anni. Perché ci sono momenti in cui il pensiero e il fatto della morte bussano alla nostra porta in maniera insistente, non per farci paura, ma per interpellarci su come viviamo.

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