CASO YARA GAMBIRASIO, ARCHIVIAZIONE PER LETIZIA RUGGERI

Letizia Ruggeri non ha commesso alcuna frode processuale per il gip Alberto Scaramuzza. Questo il motivo per il quale ha disposto l’archiviazione per il pm che nel caso Yara Gambirasio rappresentava l’accusa. Era stata indagata in seguito alla denuncia sporta da Massimo Bossetti, all’ergastolo per l’omicidio della ragazzina di Brembate: l’accusa riguardava la cattiva conservazione di alcuni reperti del processo, decisivi per la condanna dell’imputato.



Nello specifico, si tratta dei 54 campioni di Dna che erano stati estratti dai vestiti di Yara e contenevano la traccia mista di vittima e killer: durante il trasferimento all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo venne interrotta la catena del freddo, ciò potrebbe aver quindi compromesso quel materiale e la possibilità di eseguire nuovi esami. Peraltro, Letizia Ruggeri non avrebbe aspettato il provvedimento del giudice di Bergamo e ignorato l’allarme dei carabinieri proprio sul rischio per i campioni.



In base alla ricostruzione dei legali di Bossetti, la pm avrebbe così pregiudicato la possibilità della revisione che è un obiettivo a cui ambisce da tempo. Ma il gip del tribunale di Venezia, che aveva precedentemente sollecitato approfondimenti sulla magistrato, ha poi accolto la richiesta della procura di Venezia.

LA SPIEGAZIONE DEL GIP E LA REAZIONE DEI LEGALI DI BOSSETTI

La decisione di Letizia Ruggeri sul trasferimento delle provette, secondo il giudice, non è considerabile un comportamento illecito o tale da far pensare che fosse stato messo in atto con scopi differenti e illeciti. Il giudice ha anche citato le dichiarazioni spontanee rese dal magistrato l’anno scorso, da cui si evince che era convinta che le nuove analisi sul Dna non avrebbero potuto mettere in discussione l’individuazione sicura di Bossetti, essendo avvenuta sulla base del Dna nucleare.



Quella convinzione si fondava sulle sentenze. I risultati degli esami svolti sul Dna nucleare per il giudice “potevano legittimare l’indagata a formarsi il pieno convincimento dell’indiscutibilità della prova raggiunta” e che i risultati degli esami tecnici non potessero essere messi in discussione da altri esami sul Dna mitocondriale.

Di parere diverso gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che rappresentano e difendono Massimo Bossetti, i quali ritengono che l’archiviazione “non fa venir meno il fatto storico“, in quanto viene escluso il dolo, ma confermato l’accaduto. La decisione del gip di Venezia non dovrebbe influire, pertanto, sull’eventuale richiesta di revisione della sentenza di condanna che Bossetti potrebbe depositare.