La sottovariante Omicron 2 (nota anche come BA.2) è risultata essere più contagiosa rispetto alla “sorella” Omicron: lo afferma uno studio condotto in Danimarca dallo “Statens Serum Institut” di Copenaghen e pubblicato sulla piattaforma medRxiv. Da esso si evince anche come Omicron 2 sfugga di più alla protezione vaccinale, ma abbia anche minor capacità di diffondersi ulteriormente quando si imbatte in un soggetto vaccinato e non produca infezioni più gravi rispetto a Omicron.



La ricerca danese, in particolare, ha esaminato un campione di contagi in ambiente domestico fra dicembre e gennaio: sono state 8.541 le persone considerate ed è emerso che, nei nuclei familiari colpiti da Omicron, le probabilità che un congiunto si infettasse erano del 29%, mentre in quelle in cui era presente Omicron 2 il tasso è risultato pari al 39%. Inoltre, analisi successive hanno confermato che i non vaccinati sono più vulnerabili all’infezione, ma è stato osservato anche un ulteriore abbassamento del livello di protezione offerto dai vaccini. I vaccinati con booster sono 2,99 volte più vulnerabili a Omicron 2 rispetto a Omicron, quelli con due dosi 2,45 volte, i non vaccinati 2,19 volte.



OMICRON 2, MASSIMO GALLI: “SOTTOVARIANTE DIMOSTRA CHE COVID-19 È INCLINE A MUTARE”

Ai microfoni del quotidiano “Il Giorno”, l’ex direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale “Sacco” di Milano, il professor Massimo Galli, ha chiarito che “a voler vedere il bicchiere mezzo pieno Omicron 2 può essere l’ulteriore segnale di una capacità evolutiva del virus che, con tutti i condizionali del caso, potrebbe avere imboccato la strada di una maggiore contagiosità, ma, forse, di una minore patogenicità. Se invece il bicchiere lo vogliamo vedere mezzo vuoto, BA.2 dimostra ancora una volta che SARS-CoV-2 è spontaneamente incline a mutare e, con tanta parte del mondo non vaccinata, questa caratteristica potrebbe riservare sorprese, rappresentando un elemento di pericolosità”.



Galli ha aggiunto che ci troviamo dinnanzi a un’ulteriore evoluzione del virus, che ne determina un incremento di capacità infettante, però “se SARS-CoV-2 cambia, perdendo tutto sommato patogenicità, pur a fronte di una grande capacità diffusiva, con tutte le cautele del caso potremmo prenderla come un bene. Osserviamo l’evoluzione del nemico e, visto che qualche segnale positivo c’è, teniamocelo caro”.