Il professor Arnaldo Caruso, docente a Brescia e presidente della Società italiana di virologia, ha parlato sulle colonne de “Il Fatto Quotidiano” della situazione pandemica in essere nel nostro Paese: “Omicron 5 in altri Paesi sta regredendo, come una piccola fiammata. Arriviamo con un paio di settimane di ritardo rispetto a Paesi come il Portogallo, quindi verosimilmente avremo un picco nella prima decade di luglio, poi ci aspettiamo una discesa per fare un agosto più tranquillo e speriamo anche qualcosa di più di agosto”.
Il dottor Caruso ha aggiunto che si afferma spesso che un virus respiratorio d’estate non si manifesti, resti sottotraccia e non dia segni, non dia sintomi e dia infezioni banali. Però “un virus che si presenta sintomatico e reinfetta le persone ha una carica importante: dobbiamo imparare a conoscerlo, rappresenta una sorpresa anche per noi virologi. Si sta differenziando anche dalle varianti precedenti, sta prendendo una via evolutiva particolare. Anche quelle del passato avevano conosciuto una remissione estiva”.
PROFESSOR ARNALDO CARUSO: “IL GOVERNO DOVREBBE FARE MOLTO DI PIÙ SUL TERRITORIO”
Certo, assistere a un picco in piena stagione calda “è una novità, ma magari è solo un episodio transitorio e attendiamo un eventuale ritorno dell’infezione a settembre-ottobre”, ha sottolineato Arnaldo Caruso ai colleghi de “Il Fatto Quotidiano”. Il presidente della Società italiana di virologia ha poi affrontato l’argomento mascherina, evidenziando che “chi vuole tenere la mascherina può farlo, non sono per disporre che tutti la tengano. In un locale sì e allo stadio no? Mi sembra esagerata la maniacalità. La mascherina resta fortemente consigliata, va utilizzata da chi ritiene di proteggere così se stesso o gli altri, ma senza imporla a tutti specie con il caldo dell’estate”.
Inoltre, a detta di Caruso, il governo “dovrebbe fare molto di più sul territorio. Noi non possiamo rischiare di avere un ritorno della pandemia con numeri elevatissimi nei Pronto soccorso e nelle corsie. I medici di medicina generale devono avere meno compiti burocratici onerosi, dai tamponi ai certificati, e dedicarsi di più ai pazienti. C’è una sorta di medicina difensiva, perché poi sono tutti pronti a dare la colpa al medico se va male: non usano i farmaci antivirali contro il Covid perché hanno controindicazioni e nessuno vuole rischiare, così mandano i pazienti in ospedale e i Pronto soccorso, in particolare, sono in gravi difficoltà. Servirebbe un decreto che dia più libertà ai medici nella prescrizione di antivirali e monoclonali. E una formazione specifica”.