Secondo l’Ihme, istituto dell’Università di Washington finanziato dalla Fondazione Gates, in Italia la variante Omicron potrebbe causare a metà febbraio un picco stimato tra 350 e 580 decessi al giorno. Si tratta appunto di previsioni, gli stesi esperti non si dicono sicuri che il picco non possa già arrivare tra il 20 e il 30 gennaio perché la variante Omicron corre molto velocemente. E anche il numero delle morti stimate è totalmente incerto.
“Chi fa oggi delle previsioni non è serio” ci ha detto in questa intervista l’epidemiologo Cesare Cislaghi, “perché non si è assolutamente in grado di farlo. Stiamo assistendo in questi ultimi giorni a una leggerissima decelerazione dei contagi, dovuta a tanti fattori e nessuno può dire come sarà la situazione a fine mese”. Questa dichiarazione porta anche a vedere in modo diverso i numeri di contagi e decessi come vengono normalmente diffusi dai media: “Non ha senso confrontare il numero dei decessi con i positivi del giorno, bisogna farlo con i positivi di almeno 3 o 4 settimane prima, perché chi viene diagnosticato positivo non muore il giorno stesso”.
C’è una forte discrepanza fra i numeri di contagiati e di decessi nei principali paesi europei, ad esempio mentre in Germania si contavano il 5 gennaio 67mila casi con 444 decessi, in Italia a fronte di 183mila nuovi casi i decessi, nella stessa data, erano 236. Come mai? Dipende dall’approccio sanitario? Dalla presenza ancora oggi della variante Delta?
Bisogna fare chiarezza perché i numeri come vengono normalmente dati non dicono come è realmente la situazione.
Ci spieghi.
Non ha senso confrontare i decessi con i positivi del giorno, bisogna farlo con i positivi di 3 o 4 settimane prima. I decessi di oggi devono essere confrontati con i positivi di allora, perché nel momento in cui viene fatta la diagnosi la persona non muore: se questo accade, avviene dopo diversi giorni. Purtroppo è un errore che fanno in tanti quello di fare così i conteggi.
Quindi cambiano anche i numeri.
Esatto. Va poi detto che nella codifica dei decessi, nonostante ci siano regole internazionali abbastanza chiare, il sospetto è che si utilizzino i numeri in maniera differente. È difficile confrontare il numero di decessi, perché può essere che siano stati codificati in maniera diversa.
Infatti, già ai tempi della prima ondata di Covid due anni fa si diceva che in Germania molti decessi non erano stati conteggiati come causati dal virus.
Infine bisogna fare un confronto su come ogni paese si prende cura degli anziani. La popolazione italiana è più anziana di quella tedesca, anche grazie in qualche modo al sistema sanitario. Abbiamo molti anziani che vivono più a lungo e che per questo soffrono di un maggior numero di patologie. Questo li rende più vulnerabili, più a rischio di morte causa Covid.
È segno di un deficit nella capacità di cura?
Non ho detto questo. Non c’è nessuna evidenza che ci siano diverse capacità di assistenza sanitaria, che in Italia si muoia di più perché il nostro è un peggior sistema sanitario. Non esiste alcuna evidenza pratica di questo.
Però scusi, a fronte di tutto quanto detto, in Germania i decessi sono circa il doppio rispetto che da noi.
Per capire bene questo aspetto occorre fare un confronto con i dati di un mese fa. L’indice della letalità dipende da vari fattori. Per calcolarlo bene bisogna prendere i contagiati, seguirli nel tempo e vedere dopo uno o due mesi quanti di essi sono morti. Non sappiamo quanti sono gli infetti, ma soltanto i tamponi che vengono fatti.
C’è chi dice che entro febbraio arriveremo anche 500 morti al giorno: è plausibile?
Chi fa previsioni non è serio. Non si possono fare previsioni serie, si possono fare auspici. In questi giorni c’è una leggera diminuzione dell’accelerazione, ma la velocità è la stessa. C’è qualche segnale di rallentamento, ma non siamo in grado di dire se sia una segnale temporaneo. In questo momento, ripeto, non si possono fare serie previsioni.
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