Due milioni e mezzo di persone in isolamento per essere entrate in contatto con positivi al Covid e code interminabili per fare i tamponi. La contagiosità della Omicron, che si sta comunque “raffreddorizzando”, rischia di mettere di nuovo in ginocchio il paese, paralizzando le attività produttive. Per questo motivo governo e (soprattutto) Regioni stanno pensando a un accorciamento della quarantena. E proprio oggi il Comitato tecnico scientifico si riunirà per esprimere un parere: fa capolino l’idea di ridurre, da inizio 2022, l’isolamento causa contatti a 3-5 giorni per chi ha ricevuto la terza dose di vaccino. Una simile misura sancirebbe che il Covid non fa più paura, che il pericolo è cessato? Siamo dunque vicini a una possibile svolta? “ Che sia tempo di cambiare non lo so – risponde Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma –, ma è senz’altro tempo di rifletterci, perché tutti i parametri che abbiamo finora organizzato sotto il profilo della salute pubblica, dai tracciamenti alla quarantena, sono stati adottati sulla base della cosiddetta variante Wuhan, cioè quella originaria, che aveva una determinata contagiosità e determinati tempi di incubazione. I virus che si sono susseguiti dopo, soprattutto le varianti Delta e Omicron, sono molto più infettivi, perciò è tempo di ripensare ai criteri messi finora in atto e di rivederli. Probabilmente potrebbero non essere più adatti alla situazione attuale”
Cresce la spinta per accorciare la quarantena a chi ha ricevuto la terza dose. E’ giusto?
La decisione, ci tengo a sottolinearlo, è ovviamente politica. Da un punto di vista medico, ha senso con queste nuove varianti, perché chi è vaccinato con la terza dose si infetta molto meno, quando si infetta presenta una sintomatologia molto contenuta, soprattutto se è un soggetto sano, e soprattutto ha un’infezione che dura poco.
C’è chi addirittura propone di togliere la quarantena per i contatti dei positivi. Che ne pensa?
Non è una proposta in sé assurda, ma in questo momento ci arriverei per gradi. Passare da una quarantena rigida alla sua abolizione, di botto, mi sembra un passo un po’ forzato. Anche perché stiamo imparando piano piano a conoscere questo virus.
Visto l’andamento di vaccinazioni e contagi, è il momento di cambiare i protocolli fin qui adottati?
Rispondo da virologo. Che sia tempo di cambiare non lo so, ma è senz’altro tempo di rifletterci, perché tutti i parametri che abbiamo finora organizzato sotto il profilo della salute pubblica – dai tracciamenti alla quarantena – sono stati adottati sulla base della cosiddetta variante Wuhan, cioè quella originaria, che aveva una determinata contagiosità e determinati tempi di incubazione.
Oggi?
I virus che si sono susseguiti dopo, soprattutto Delta e Omicron, sono molto più infettivi, perciò è tempo di ripensare ai criteri messi finora in atto e di rivederli. Probabilmente potrebbero non essere più adatti alla situazione attuale.
Sulle quarantene prolungate oggi il Cts si riunisce per esprimere un parere in direzione di una loro riduzione. Lei ha qualche suggerimento concreto?
Negli Stati Uniti hanno ridotto la quarantena dei vaccinati asintomatici a 5 giorni, il che dimostra che ci sono gli spazi per ridurne i tempi. Sul quantum, però, dipenderà molto dai numeri dell’epidemia e da una caratterizzazione più piena di questa variante Omicron, che sta diventando dominante e cambierà un po’ le regole. Bisogna osservare e studiare con attenzione ciò che sta avvenendo.
Ridurre o eliminare la quarantena ai vaccinati significherebbe ammettere che il pericolo è cessato, va scemando, è a livelli gestibili e meno ansiogeni di prima?
Rovescerei la domanda: dal punto di vista epidemiologico chi alimenta oggi l’epidemia in Italia? Lo sappiamo con certezza: sono tutti i non vaccinati, adulti e bambini, l’unica sorgente della circolazione del virus. Il problema è mettere sotto tracciamento e in sicurezza queste persone. Così facendo, la parte ansiogena dovrebbe sparire. Finché non saranno loro in sicurezza, il virus continuerà a circolare.
Intanto la Omicron si sta davvero “raffreddorizzando”, cioè i sintomi delle nuove varianti assomigliano sempre più a quelli di un raffreddore, quindi sono più attenuati rispetto alla Delta?
La Omicron è intervenuta su una popolazione, quella italiana, molto vaccinata e a infettarsi è stata in gran parte la quota dei non vaccinati. E’ indubbio che i soggetti che hanno vaccinazioni multiple o si erano già infettati, se prendono la Omicron, nella gran parte dei casi presentano sintomi blandi, appunto simili a quelli di un raffreddore. Ma la Omicron si “raffreddorizza” perché è meno grave o perché le persone sono protette? Io propendo per la seconda ipotesi.
Perché allora i vaccini non riescono a fermare la Omicron? Sono superati? E ha senso fare la terza dose al più presto con un vaccino vecchio?
Per quello che sappiamo oggi, assolutamente no. Questi vaccini continuano a essere efficaci. Visto però che la valutazione deve essere fatta su tempi medio-lunghi, dovremo necessariamente attendere un attimo per capire come stanno le cose. E’ tutto da dimostrare, poi, che abbiamo bisogno di un vaccino nuovo per la Omicron.
Quanto dura la protezione dei vaccini? Proteggono dai contagi, dalla malattia grave…?
Le vaccinazioni a tre dosi classiche, standard, per tutti i virus, durano decenni. Pensi per esempio all’anti-polio, alla vaccinazione contro la rosolia, il morbillo… Tre dosi di norma sono sufficienti per lungo tempo, se il virus non cambia.
Ma se e quanto dovrebbe cambiare per spingerci a somministrare nuove vaccinazioni?
Lo stiamo studiando. Se il virus non evolve ulteriormente, tre vaccinazioni per persone sane danno una buona protezione a lungo.
La marea di tamponi ha ancora senso?
Bisogna evitare i tamponamenti massivi.
Il tracciamento è sempre stato uno dei punti deboli della strategia anti-Covid adottata dall’Italia. In questi giorni il tracciamento è saltato o sta saltando del tutto?
Credo che quando si contano 50mila infettati al giorno il tracciamento diventi molto difficile, se non improbo. In Sudafrica l’hanno abrogato perché hanno troppi contagiati.
A quali possibili conseguenze andiamo incontro? Ne risentirebbe l’attività di sequenziamento?
L’alta infettività del virus non significa che tutti si contageranno. E poi c’è da considerare il fatto che 50 milioni di italiani sono già vaccinati, quindi il loro tracciamento, sempre utile per carità, non è così urgente e indispensabile come lo era prima di avere i vaccini e per evitare ulteriori problemi di diffusione. Il vaccino blocca la malattia e riduce di molto anche l’infezione.
Il governo si troverà presto di fronte a decisioni di politica sanitaria che possono rappresentare una svolta?
Credo che il governo abbia lavorato molto, bene e assumendo scelte coraggiose. E quando si fanno scelte coraggiose, si possono commettere anche degli errori. Tuttavia credo che continuerà su questa linea di coraggio e di innovazione e sono convinto che riusciremo a restare in carreggiata. Non a rientrare, perché il governo ha fallito sulla sanità, anzi siamo un modello per tutta l’Europa.
(Marco Biscella)
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