Ha detto in parlamento che ci siamo ripresi la normalità al prezzo di 134mila morti. Ma la variante Omicron impazza e la normalità di Draghi non c’è, a meno di considerare “normalità” lo stato di emergenza prolungato fino al 31 marzo. E quando l’emergenza è la nuova normalità, tutto può succedere. Anche sentir dire Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, che il tampone per i vaccinati è un’ipotesi da prendere in considerazione. Una proposta che ha subito suscitato sconcerto e levate di scudi. Eppure, prima o poi ci si doveva arrivare, una volta “scoperto” – si fa per dire – che neppure i vaccinati sono immuni: non basta il green pass per proteggersi, né per evitare di contagiare. Proprio quello che aveva promesso Draghi, e cioè “la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose” (conferenza stampa post-Cdm del 22 luglio scorso).



“Si è tracciata una strategia promettendo che avrebbe portato a risolvere la situazione. Questo non si è verificato”, spiega Antonio Pilati, saggista, esperto di comunicazione, componente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato tra il 2004 e il 2012. “Il governo è più debole. Si prepara un 2022 durissimo. Senza un parlamento rilegittimato, continuerà l’agonia che dura dal 2011”.



La normalità non c’è. Siamo nuovamente alla mercé dei bollettini e di possibili, probabili obblighi e restrizioni. Che cosa sta succedendo?

C’è una congiunzione di fattori. Il primo è un’eredità storica: la scelta di puntare tutto sui vaccini e di trascurare altre strategie di difesa. Le vaccinazioni sono un’ottima cosa, aiutano a non ammalarsi gravemente, ma non sono tutto. Scontiamo il fatto di non avere potenziato i trasporti, di non avere investito tanto e subito nella sanità pubblica. Con il risultato che si è sicuri al ristorante ma sui treni regionali o in metrò tutto diventa incerto. E sulla scuola si è fatta solo confusione.



Il secondo fattore?

Tutta la comunicazione è stata imperniata sulle vaccinazioni. Anche nella cacofonia dei virologi c’era e c’è un punto fermo: la vaccinazione ci mette al riparo dal Covid. No: mette al riparo le persone più esposte dalla possibilità di ammalarsi gravemente, ma non è risolutiva.

Il governo non ha detto la verità al paese?

Draghi e i suoi ministri hanno detto quello che pensavano. Il problema è che quello che pensavano non è bastato per combattere il Covid. Si è tracciata una strategia promettendo che avrebbe portato a risolvere la situazione, ma questo non si è verificato. Cresceranno la paura e la confusione.

E questo cosa comporta?

È un ulteriore fattore di debolezza per il governo. Senza dimenticare però che questo governo è debole fin dall’inizio. Alcune debolezze sono ereditate dal governo Conte, altre sono originali.

Ad esempio?

Speranza e Giovannini. Il primo guida la politica sanitaria ma non essendo capace di gestirla aumenta la confusione. Giovannini ai Trasporti non sta brillando. Diventa difficile definire una linea, se non attraverso la parola di Draghi.

C’è un enorme convitato di pietra al tavolo brunettiano del +6% di Pil: il prezzo del gas. Ha toccato 418 euro/MWh. Un anno fa era a 39 euro/MWh. Paghiamo un dazio spropositato alle scelte dell’Ue.

Gli approvvigionamenti energetici sono sotto stress per due ragioni. Uno è lo scontro con la Russia. Le difficoltà frapposte da Berlino e da Bruxelles fanno salire i prezzi. L’altro è dato dalla politica energetica europea. Se in un momento come questo di difficoltà per le imprese si pretende di ridurre a tappe forzate petrolio e gas, si va incontro a forti problemi. Rischiamo di trovarci a febbraio con i caloriferi spenti.

Quali sono i risvolti politici ed economici di questa situazione?

Il 2022 sarà un anno durissimo: l’inflazione non ci lascerà presto e potrebbe aumentare, le catene di rifornimento soffrono a causa della guerra commerciale con la Cina, che non finirà domani. Possiamo permetterci una campagna elettorale di 400 giorni con un parlamento delegittimato, una crisi economica e un’emergenza sanitaria da fronteggiare?

Perché il parlamento sarebbe delegittimato?

Questa legislatura ha modificato la Costituzione stabilendo un numero di parlamentari diverso da quello attuale. Ha dato vita a tre maggioranze, di cui due diametralmente opposte con lo stesso presidente del Consiglio; è stata guidata da capi di governo che non siedono in parlamento; oltre un terzo dei parlamentari ha cambiato sigla politica; il primo partito si sta dissolvendo.

Quindi?

In una situazione così difficile, avere un parlamento così frantumato e debole non dà all’azione politica del governo un terreno stabile su cui poggiare.

Fuga di Draghi sul Colle ed elezioni nel 2022: è questo il suo scenario?

In questa situazione, secondo me, votare è l’unica strada. Proprio per dare al governo un sostegno basato sulla volontà popolare.

Meglio non votare, c’è la pandemia: lo ha già detto Mattarella il 3 febbraio 2021.

In democrazia votare non è mai un problema. In Israele si è votato 4 volte di cui due durante la pandemia in tre anni, in Spagna 3 volte in tre anni, oggi questi Paesi hanno una maggioranza e un governo funzionante.

Forse più che la pandemia ha potuto il vincolo esterno. Quale migliore occasione del Covid per eseguire il Pnrr?

In realtà il governo Conte 2 aveva ridotto l’Italia in gravi condizioni. Scartata l’ipotesi delle elezioni, la quasi unità nazionale era di fatto l’unica via possibile. I partner europei lo hanno capito subito chiaro e hanno sostenuto a questo scopo la presidenza Draghi, una personalità che conoscevano molto bene.

Se le elezioni sono il suo auspicio, che cosa teme invece che possa avvenire?

Un duplice ordine di eventi. Il primo è il caos nell’elezione del presidente della Repubblica. Non è detto, ma non lo si può escludere. Il secondo è che non si vada al voto e si faccia un governo guidato da chicchessia. Sarebbe un esecutivo estremamente fragile, con i problemi che ho detto.

Il premier di turno potrebbe sempre governare con l’aiuto del Colle.

Bisogna vedere chi sarà il capo dello Stato.

Altra ipotesi: Draghi al Quirinale, ma nessuno scioglimento.

Questa maggioranza andrebbe in crisi. Se non si vota, avremo comunque soluzioni raccogliticce, fragili e complicate.

Allora il voto anticipato è più importante di chi va alla presidenza della Repubblica?

Siamo al culmine di una traiettoria di disgregazione politica e sociale che si sta consumando da dieci anni, da quando nel 2011 è stato liquidato l’ultimo governo deciso da un voto popolare, quello di Berlusconi.

Non si può ignorare che la permanenza di Draghi a palazzo Chigi è un’ipotesi altrettanto forte. È stata caldeggiata anche dall’Ft e dall’Economist.

Per molti gruppi, finanziari e politici, è rassicurante avere Draghi a palazzo Chigi, ma torniamo lì: la fragilità del parlamento.

Perché il governo sembra sottovalutare in modo così grave la crisi economica e il problema energetico?

L’amministrazione americana ha grosse difficoltà e non solo spinge la Russia nelle braccia della Cina, ma incoraggia anche l’Europa su questa strada, sulla quale peraltro Bruxelles è incamminata da tempo. In questo quadro, Macron è un caso politico interessante.

In che senso?

Ha paura della Pécresse e di conseguenza ha scelto di spostarsi a destra. Incontra Orbán, rifiuta di prolungare la presidenza dei socialisti all’europarlamento, irrigidisce la posizione sui migranti.

E l’Italia?

In questa Europa balcanizzata, Draghi ritiene che un accordo con la Francia dia qualche vantaggio.

(Federico Ferraù)

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