Con la diffusione sempre più massiccia di Omicron, tenendo conto che oltre due milioni e mezzo di italiani sono positivi, i sanitari stanno cercando di capire quali siano le cure più efficaci contro questa nuova mutazione del covid. In quasi due anni di pandemia sono stati fatti grandi passi avanti in tal senso, ricorda Il Corriere della Sera, a cominciare dagli anticorpi monoclonali e dagli antivirali, farmaci che vanno somministrati all’inizio dell’infezione, subito dopo la comparsa dei sintomi, e che dovrebbero far durare meno la positività. «Gli anticorpi monoclonali – racconta al quotidiano di via Solferino Gianni Sava, professore all’Università di Trieste e membro della Società italiana di farmacologia (Sif) – sono stati costruiti su varianti precedenti a Omicron, alcuni hanno mostrato una certa efficacia contro Delta, ma sono farmaci sensibili alle proteine di superficie del virus che mutano sensibilmente alla comparsa di un nuovo ceppo. Dunque il dubbio è che possano essere poco efficaci contro Omicron, anche perché, al contrario dei vaccini, non è facile produrne versioni aggiornate».

Le speranze maggiori sono concentrate sul Sotrovimab, un anticorpo monoclonale realizzato da GlaxoSmithKline e Vir Biotechnology, e che viene raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità: è autorizzato in commercio dal 17 dicembre e viene utilizzato come cura contro il covid moderato e grave, assieme al baricitinib, un antinfiammatorio solitamente usato per curare l’artrite reumatoide. Il vantaggio di questi farmaci è che si possono assumere per via orale, a differenza invece dei “colleghi” che si somministrano via endovena, ed abbassano la carica virale evitando che l’infezione diventi una vera e propria malattia.

OMICRON, ECCO I FARMACI CHE PERMETTONO DI CONTRASTARE LA VARIANTE DI COVID: LE PILLOLE DI MERCK E PFIZER

«Tecnicamente – aggiunge Sava – gli antivirali non sono dipendenti dalle mutazioni delle varianti, perché agiscono su meccanismi di moltiplicazione del virus. Rispetto ai monoclonali hanno il vantaggio, essendo piccole molecole, di poter entrare nelle nostre cellule». In Italia è disponibile a riguardo la pillola della Merck e a breve arriverà anche quella di Pfizer, destinate a quei pazienti non ospedalizzati con una malattia lieve-moderata e fattori di rischio per Covid grave: «Esiste però un problema organizzativo – dice a riguardo Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) – i medici di base selezionano i pazienti candidati a ricevere la terapia, ma poi serve il via libera di uno specialista e il prodotto è dispensato dalle farmacie ospedaliere. Una catena che rischia, tra l’esito del tampone e l’arrivo delle pillole a casa del malato, di sforare i famosi 5 giorni entro cui gli antivirale risultano efficaci».

Per quanto riguarda infine gli asintomatici, resta valido il protocollo delle cure domiciliari, quindi il paracetamolo e i Fans (antinfiammatori non steroidei), ma bisogna seguire le indicazioni del medico di base: «L’aspirina ad alto dosaggio non dà rischi di emorragie, al contrario dell’aspirinetta – spiega ancora Sava – non può però essere usata nei bambini a causa di un raro effetto collaterale grave, la sindrome di Reye. Attenzione a non esagerare con il paracetamolo, che in alte dosi è tossico per il fegato. Infine il cortisone, se assunto in fasi troppo precoci, può indebolire il sistema immunitario e mascherare la gravità dell’infezione».