La variante Omicron non è paragonabile né al raffreddore né all’influenza, ma da uno studio arrivano buone notizie riguardo la sua pericolosità. Si tratta di quello che è stato coordinato da un team di ricercatori dell’University of California di Berkeley e pubblicato in pre-print su medRxiv. Se i lavori precedenti avevano confrontato l’andamento dell’infezione con questa nuova variante con quanto accaduto nelle ondate precedenti, questo studio invece ha messo a confronto due gruppi di pazienti che si sono ammalati a dicembre con Omicron o Delta, dopo aver discriminato le varianti con una tecnica definita dropout del gene S. I risultati evidenziano che la variante Omicron comporta un rischio minore di ricovero e di necessità di ricorso alla terapia intensiva, quindi anche di morte, rispetto alla variante Delta.



I ricercatori hanno esaminato i dati di 52.297 persone infettate con la variante Omicron e 16.982 con Delta. Per la loro indagine, si sono basati sui dati delle cartelle cliniche elettroniche gestite dalla Kaiser Permanente Southern California, un grande sistema sanitario della California meridionale che si occupa di circa 4,7 milioni di persone. Con la prima sono stati ricoverati 235 pazienti (0,5%), mentre 222 (1,3%) con variante Delta. Hanno avuto necessità di terapia intensiva 7 pazienti infettati da Omicron rispetto ai 23 contagiati da Delta. Ma nessuno con la variante Omicron è stato trattato con la ventilazione meccanica, 11 invece sì per quanto riguarda Delta. C’è stato un morto tra i pazienti Omicron, 14 tra quelli Delta. Infine, la durata del ricovero è di 3,4 giorni più breve con Omicron.



“MENO RICOVERI, MA COMUNQUE TANTI PER CONTAGIOSITÀ”

Alla luce di questi risultati, i ricercatori hanno concluso che le infezioni con variante Omicron sono associate a riduzioni del 52% del rischio di qualsiasi ricovero, del 53% di ricovero con malattia sintomatica, del 74% del ricovero in terapia intensiva e addirittura del 91% di morte, rispetto alle infezioni con la variante Delta. Un altro aspetto interessante che questo studio ha messo in evidenza è che i vaccinati avevano dal 64% al 73% di probabilità in meno di essere ricoverati in ospedale rispetto ai non vaccinati, ma anche tra le persone non vaccinate Omicron era associata un minore rischio di ospedalizzazione rispetto a Delta. La giornalista scientifica Roberta Villa, che ha riportato sui suoi canali social alcuni di questi dati, ha commentato spiegando che «non è un raffreddore perché i ricoveri ci sono, comunque più che per l’influenza» e «restano incertezze su eventuali effetti a lungo termine», motivo per il quale «meglio non cercare comunque di prenderla e vaccinarci».



Quindi, i ricoveri ci saranno e non saranno comunque pochi in proporzione ai casi che si registrano quotidianamente, pertanto «i servizi sanitari saranno comunque sovraccarichi, ma forse si riuscirà a evitare il disastro che temevamo». Il dottor Joseph Lewnard, epidemiologo dell’Università della California a Berkeley e primo autore dello studio, al New York Times osserva infatti: «Visto che è più trasmissibile, ad un certo punto ci saranno molti ricoveri che inevitabilmente si verificheranno». Per quanto riguarda i morti, si teme che il numero possa crescere. «Se con la diffusione di Omicron cala tanto il tasso di letalità, speriamo di non avere i mille morti al giorno che temevamo di vedere tra un paio di settimane». Quindi, conclude Roberta Villa, «possiamo comunque tirare un bel sospiro di sollievo».