Sulla eventuale omissione del pagamento delle tasse potrebbe esserne responsabile anche il consulente finanziario che segue il suo cliente contribuente. Sul caso è intervenuta la Suprema Corte (specificatamente con l’ordinanza numero 25158 in data 19 settembre 2024).

I giudici di Roma hanno chiarito che il consulente finanziario non è completamente esente da responsabilità qualora dichiarasse di esser stato “ordinariamente diligente”. Questo implica che il professionista dovrà fornire una prova più esaustiva prima che possa esser ritenuto anch’esso responsabile dell’omissione dei pagamenti del suo cliente.



Omissione pagamento tasse: come può giustificarsi il consulente finanziario?

L’omissione del pagamento delle tasse potrebbe essere talvolta, una responsabilità di un consulente finanziario infedele. Nella suddetta sentenza (numero 25158), un titolare d’impresa individuale si è rivolto davanti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado della città di Palermo, dopo aver ricevuto un accertamento fiscale a detta dell’imprenditore “insaputa”. L’avviso del Fisco italiano contestava delle dichiarazioni reddituali non propriamente corrette. L’imprenditore infatti, avrebbe presentato una dichiarazione con ricavi IVA, Irap e Irpef nettamente inferiori rispetto a quelli realmente percepite, rischiando di evadere consciamente. L’imprenditore dichiarava di aver affidato il pagamento degli oneri fiscali al suo contribuente finanziario di fiducia, che però a suo dire avrebbe mantenuto un comportamento infedele. Ma per poter “convincere” i giudici di questa ipotesi, occorrono delle prove certe.



La decisione della Corte

La Corte ritiene colpevole il cliente che non ha mantenuto un comportamento di vigilanza e monitoraggio nei confronti del professionista infedele, il cui compito era quello di versare le imposte per la dichiarazione presentata al fisco (seppur questa riportava dei dati non veritieri). Per far sì che il cliente (contribuente) possa dimostrare la sua innocenza, basterebbe fornire delle prove in cui domanda al professionista di ricevere le ricevute che attestano l’avvenuto pagamento al fisco (la ricevuta telematica sarebbe una prova più che sufficiente). E non solo, non basta una “denuncia penale” da parte del cliente nei confronti del professionista infedele, se – come ribadito dai giudici e dalla Corte – non dimostra di aver monitorato il suo compito.