LE LINEE GUIDA DELL’OMS SULL’ABORTO

Le linee guida approvate dall’Oms – Organizzazione Mondiale della Sanità – approvate ad inizio marzo sul tema dell’aborto stanno generando non poche polemiche a livello globale per quanto inserito e soprattutto per i rischi e le conseguenze che potrebbero sorgere qualora gli Stati dovessero seguirle “alla lettera”.



«Raccomandiamo che le donne e le ragazze possano accedere ai servizi di aborto e di pianificazione familiare quando ne hanno bisogno», ha dichiarato Craig Lissner, funzionario dell’Oms, nel presentare le nuove linee guida. L’Organizzazione legata all’Onu raccomanda di «rimuovere le restrizioni mediche non necessarie», ovvero «criminalizzazione, tempi di attesa obbligatori, imposizione del consenso di altre persone – coniugi o familiari – o di istituzioni, divieto d’aborto oltre un certo stadio della gravidanza». La tesi dell’Oms è che con le diverse restrizioni all’interruzione di gravidanza non si riducano effettivamente gli aborti e allo stesso tempo si alza il rischio di interventi pericolosi. Secondo diverse associazioni pro-life – ma non solo – con queste linee guida l’Oms di fatto è come se invitasse a proseguire con l’interruzione volontaria di gravidanza fino alla nascita, in quanto diritto inalienabile della donna: per qualcun altro però, come dimostra l’attuale legge in discussione nel Maryland, si potrebbe anche andare oltre la nascita…



ABORTO, LA DENUNCIA DI “PROVITA & FAMIGLIA” CONTRO L’OMS

«È inaccettabile che l’Organizzazione Mondiale della Sanità faccia pressioni per aumentare il numero degli aborti nel mondo chiedendo agli Stati di eliminare ogni limite all’aborto e di sopprimere l’obiezione di coscienza dei medici, definita “indifendibile”. Le nuove linee-guida sulle “cure abortive”, stilate sotto la dettatura di lobby abortiste come Planned Parenthood Federation, Marie Stopes International e il Center for Reproductive Rights di Ginevra, devono essere immediatamente ritirate»: questa è la denuncia dell’associazione ProVita & Famiglia in merito alle ultime decisioni adottate dall’oma.



Tali linee guida, attacca ancora l’associazione pro-life, «perseguono un obiettivo opposto e contrario alla salute delle donne e auspicano una carneficina di nascituri innocenti. Come se non bastasse, l’OMS promuove l’ideologia gender invitando ad applicare le linee guida a “donne, ragazze o altre persone incinte”, come se anche un uomo potesse portare avanti una gravidanza». Contro le restrizioni all’aborto ma anche, potenzialmente, contro l’obiezione di coscienza libera: si legge infatti letterale nel documento Oms, «se si dimostra impossibile regolare l’obiezione di coscienza in un modo che rispetti, protegga e compia i diritti di chi cerca di abortire, l’obiezione di coscienza nella fornitura di aborti può diventare indifendibile».

IN MARYLAND SI RISCHIA L’INFANTICIDIO?

In attesa che nella prossima estate la Corte Suprema Usa prenda posizione (e sentenza) che possa sovvertire la “norma federale” sull’aborto in America, la famosa Roe v. Wade, diversi Stati oltre Oceano negli ultimi mesi si stanno allineando ad una sorta di “guerra civile interna” sul fronte diritti.

A stati come Oklahoma, Texas e Florida che si posizionano sul fronte conservatore e pro-life, replicano stati come la California e il Maryland che intendono invece inserire l’aborto come diritto nella Costituzione. Attenzione però, un aborto ancora più esteso, quasi seguendo ancor più che alla lettera la linee guida dell’Oms. Prendiamo il caso del Maryland che in questi giorni in America sta suscitando forte polemica: sono due i disegni di legge ora all’esame delle istituzioni competenti. La “House Bill 1171” intitolata “Dichiarazione dei diritti – Diritto alla libertà riproduttiva” è di fatto una proposta di emendamento alla Costituzione del Maryland, in base al quale «ogni persona, come nucleo e centro dei diritti individuali alla libertà e all’uguaglianza, ha il diritto fondamentale alla libertà riproduttiva; vieta allo Stato di negare, gravare o ridurre direttamente o indirettamente tale diritto, a meno che non sia giustificato da un prevalente interesse conseguito con i mezzi meno restrittivi». La seconda legge si chiama “Senate Bill 669”, o “Pregnant Person’s Freedom Act of 2022”: viene nei fatti tolto qualsiasi diritto al feto fino alla nascita. Non solo, secondo l’American Center for Law and Justice tale legge «potrebbe legalizzare definitivamente l’infanticidio». Come? Lo spiega un’avvocato dell’ACLJ, Olivia Summers, alla CBN News: «Il disegno di legge propone anche una revisione dello statuto dell’assassinio/omicidio colposo fetale che bloccherebbe le indagini sulle morti infantili non legate all’aborto». In maniera ancora più chiara – e inquietante, ci permettiamo di aggiungere – qualora un bambino dovesse sopravvivere all’aborto, con la potenziale prossima legge del Maryland «una volta nato vivo e vegeto potrebbe essere abbandonato e lasciato morire di fame o di freddo, e non si potrebbe fare alcunché per punire quanti hanno preso parte a quella morte crudele», conclude Summers. Il linguaggio usato nella dicitura della legge non è chiarissimo e si presta a possibili fraintendimenti, come denuncia ancora l’associazione americana: si parla infatti di termine “perinatale”, e non prenatale, «la misura potrebbe impedire qualsiasi indagine sulla morte dei neonati fino ad almeno sette giorni dopo la loro nascita, e potrebbe estendersi a neonati di quattro settimane».