Le perplessità della comunità scientifica internazionale riguardo l’attendibilità del rapporto Oms sull’origine del coronavirus trovano riscontro nell’ultima decisione della stessa Organizzazione mondiale della sanità, che non esclude l’ipotesi della fuga di Sars-CoV-2 dal laboratorio di Wuhan. All’indomani delle critiche del segretario di Stato americano Antony Blinken, l’Oms attacca la Cina per la condivisione insufficiente dei dati sul Covid, quindi chiede l’apertura di un’inchiesta proprio sull’ipotesi che fino a ieri era considerata “altamente improbabile”. Anche se la squadra di esperti Oms inviati in Cina ha raggiunto questa conclusione, sono richieste «ulteriori indagini, potenzialmente con nuove missioni che includano esperti specializzati», dichiara Tedros Adhanom Ghebreyesus nel briefing con gli Stati membri dell’Oms in merito al report. Inoltre, si è detto disponibile a dispiegare gli esperti e non ha nascosto la sua preoccupazione per il fatto che il team volato a Wuhan ha avuto difficoltà di accesso ai dati grezzi.
Ma per comprendere i primi casi è indispensabile avere pieno accesso ai dati, «inclusi campioni biologici almeno a partire da settembre 2019». Il team però ha lamentato difficoltà. «Mi aspetto futuri studi collaborativi che includano una condivisione dei dati più tempestiva e completa», aggiunge il numero uno dell’Oms.
ORIGINE CORONAVIRUS, NON ESCLUSA IPOTESI LABORATORIO
La ricerca dell’origine del coronavirus richiede tempo, ma non per questo bisogna desistere. «Lo dobbiamo al mondo», dice Tedros Adhanom Ghebreyesus, sottolineando che non va lasciato nulla di intentato. «Dobbiamo trovare la fonte in modo da poter intraprendere collettivamente misure per ridurre il rischio che ciò accada di nuovo». Nella missione a Wuhan gli esperti dell’Oms hanno visitato diversi laboratori, ma la valutazione non è stata sufficientemente ampia. «Saranno necessari ulteriori dati e studi per giungere a conclusioni più solide», spiega il direttore dell’Oms nel briefing. Inoltre, evidenzia che dall’inchiesta è emerso che «vi è stata una trasmissione non riconosciuta nel dicembre 2019, e forse anche prima».
Il primo caso rilevato ha avuto un esordio dei sintomi l’8 dicembre 2019, ma sarebbe stato utile avere pieno accesso ai dati, anche dei campioni biologici almeno di settembre 2019. Dunque, non è stata scritta la parola fine nell’inchiesta sull’origine del coronavirus per il direttore generale dell’agenzia Onu per la salute. «Questa relazione è un inizio molto importante, ma non è la fine».