Non si placa lo scambio di accuse reciproche fra gli Stati Uniti e la Cina in merito alle origini del covid. Dopo la spedizione dell’Oms delle scorse settimane, rccatasi appunto nella zona di Wuhan per scoprire qualcosa di più sul virus che nella sola Italia ha provocato 109mila morti, gli esperti hanno sottolineato come sia «estremamente improbabile» che il Sars-CoV-2 sia sfuggito da qualche laboratorio.



Conclusioni a cui la Casa Bianca ha però risposto in maniera fredda: «Il quadro è parziale, le autorità cinesi non sono state trasparenti – le parole della portavoce della sede del presidente Usa – non hanno fornito dati cruciali». L’amministrazione Biden ha quindi fatto partire una coalizione di 14 Paesi (fra cui Australia, Canada, Giappone, Gran Bretagna e Sud Corea) per denunciare omissioni e ritardi, e invocando quindi una seconda fase di inchiesta nei confronti della Cina.



OMS E USA VS CINA: “SERVONO ULTERIORI INDAGINI SUL COVID”. LA REPLICA STIZZITA DI PECHINO

Al momento la posizione dell’Unione Europea rimane invece prudente, «La missione è stata un primo passo utile – il commento riportato dal Corriere della Sera – ma ha avuto un limitato accesso ai primi dati e campioni raccolti dai cinesi», mentre la Cina ha replicato in maniera stizzita: «Se l’Oms crede di dover indagare ancora e non ha trovato niente sulle origini del coronavirus in Cina, è chiaro che deve spedire i suoi ricercatori in altri Paesi del mondo, magari anche nel laboratorio militare americano di Fort Detrick», le parole del ministero degli Esteri di Pechino. Il riferimento è alle recenti dichiarazioni di Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, spesso additato da Trump come vicino al partito comunista cinese, che ha cambiato linea, spiegando che «tutte le ipotesi sono ancora sul tavolo», servono «dati più robusti» anche sul laboratorio. La sensazione è che siamo solo all’inizio di una lunga battaglia, forse addirittura una guerra…

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