Sta rimbalzando sui social un documento pubblicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il 14 dicembre scorso in merito ai test per la rilevazione del coronavirus. Si tratta di un avviso rivolto a coloro che eseguono i test degli acidi nucleici (NAT) in seguito a numero segnalazioni di un elevato rischio di “falsi” risultati positivi quando si esaminano campioni con l’uso di reagenti RT-PCR su sistemi aperti. «Se il tasso di positività per SARS-CoV-2 diminuisce, anche il valore predittivo positivo diminuisce. Ciò significa che la probabilità che una persona che ha un risultato positivo (SARS-CoV-2 rilevato) sia veramente infetta da SARS-CoV-2 diminuisce al diminuire del tasso di positività, indipendentemente dalla specificità del test», spiega l’Oms nel documento in questione. Questa è la premessa per la quale dall’Oms arriva l’incoraggiamento agli operatori sanitari a prendere in considerazione i risultati dei test insieme ai sintomi e ai segni clinici, oltre che al tracciamento degli eventuali contatti.



ALERT OMS SU TEST CORONAVIRUS: “RISCHIO FALSI POSITIVI”

Pertanto, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) suggerisce anche di leggere attentamente le istruzioni per capire se va regolamentata manualmente la soglia di positività della PCR per evitare che possa essere interpretato come positivo un campione che ha un elevato valore di soglia del ciclo (Ct). A tal proposito, bisogna fare una premessa. I pazienti con alti livelli di Sars-CoV-2, quindi con una carica virale alta, necessitano di pochi cicli per la rilevazione del coronavirus, quindi il valore Ct è basso. Se invece i campioni restituiscono un valore Ct elevato, vuol dire che sono stati necessari molti cicli per rilevare Sars-CoV-2. In tal caso, si può configurare il rischio di un falso positivo. Per questo motivo l’Oms ha pubblicato il documento nel quale evidenzia che in alcuni casi potrebbe essere necessario un perfezionamento del prodotto usato per la diagnosi proprio sulla base delle segnalazioni degli operatori. «Nelle prime fasi della pandemia COVID-19, la diagnostica in vitro (IVD) è stata rapidamente sviluppata, convalidata e verificata, e poi lanciata. Pertanto, non è inaspettato che gli IVD possano richiedere un perfezionamento sulla base del feedback degli utenti dopo la loro introduzione su scala», conclude l’Oms.

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