Non c’è dubbio che una delle preoccupazioni attualmente più diffuse tra la gente riguarda la variante Delta del Covid-19, che minaccia di farci perdere molti dei vantaggi raggiunti con l’intensa ed efficace campagna di vaccinazione ancora in corso.

Il tema assume una particolare gravità se si pensa al rischio che le scuole a settembre possano non riaprire e che i ragazzi possano vedersi costretti a ripetere l’esperienza della Dad, che come hanno confermato ieri i risultati dei test Invalsi, ha creato un ulteriore e gravissima forma di povertà educativa. Il 50% degli studenti che hanno affrontato gli esami di maturità aveva, secondo i risultati Invalsi, un livello di competenze analogo a quello degli studenti di terza media in epoca pre-Covid.



Non stupisce quindi che la domanda che si pongono ragionevolmente tutte le autorità, a tutti i livelli, dal ministero della Salute a quello dell’Istruzione, riguardi la necessità, la convenienza, o l’inutilità di vaccinare i più giovani. Tanto più dopo l’allarme lanciato da Kate O’ Brien, direttore del dipartimento Immunizzazione dell’Oms a Ginevra, che profetizza una catastrofe assoluta se non si vaccineranno tempestivamente i bambini. Tanto più se contemporaneamente verranno meno i vincoli a colori che hanno caratterizzato le diverse zone del Paese: via il bianco e ritorno almeno al giallo, per limitare i danni tipici della nostra vita sociale, per la riapertura sconsiderata – secondo lei – di locali, discoteche, stadi, alberghi nei luoghi di vacanza più noti ed affollati, ecc.



La O’ Brien non dice però da dove ricava il suo allarme, anche perché finora l’Oms si era espressa in modo assai diverso, proprio nei confronti della vaccinazione dei bambini. Il direttore esecutivo dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus ha recentemente affermato: “Nei paesi ricchi si propone ai bambini e agli adolescenti il vaccino, mentre gli operatori sanitari nei paesi poveri non ne hanno. Alcuni paesi ricchi hanno acquistato la maggior parte della fornitura di vaccini e stanno vaccinando anche gruppi di persone a basso rischio”. Con questa premessa Ghebreyesus invita gli Stati più ricchi a donare i farmaci anti-Covid non destinati alle categorie a rischio a Covax, progetto gestito dall’Oms e da altre organizzazioni, che mira a garantire che i paesi in via di sviluppo abbiano accesso ai vaccini.



Evidentemente nell’Oms ci sono pareri diversi tra Ghebreyesus e la O’Brien: il primo guarda alla vaccinazione in chiave globale pensando alle fasce più fragili nel mondo intero, mentre la O’Brien si concentra sui bambini, in chiave preventiva, ma anche in assenza di documentate prove di efficacia. A meno che non abbia in mente i bambini di quei paesi in cui la mortalità infantile è particolarmente elevata e il rischio di una ripresa della pandemia potrebbe essere potenzialmente drammatico, per la loro stessa fragilità. Ma proprio per questo occorre tener presente quanto afferma il suo collega in Oms: “Finora oltre 53 milioni di dosi di vaccini Covid-19 sono stati spediti in 121 Paesi e territori partecipanti. Al momento però solo lo 0,3% delle forniture globali di vaccini è andato ai Paesi a basso reddito, che ospitano il 9% della popolazione mondiale. In alcune parti del mondo le persone a rischio potrebbero non essere immunizzate fino al 2024, quindi bisogna destinare i vaccini a chi è più in pericolo piuttosto che ai bambini, il cui rischio di ammalarsi è veramente basso”, ha sottolineato.

È vero che lo scorso 19 maggio il ministro Speranza ha dichiarato: “Vaccinare i giovani è altamente strategico ed è essenziale per la riapertura in sicurezza del prossimo anno scolastico”. Ma è anche vero che secondo gli esperti, da vari studi pubblicati in Italia e all’estero e dagli screening effettuati nelle scuole, sappiamo che esse sono uno dei luoghi più sicuri. Si stima che sotto i 20 anni la suscettibilità all’infezione sia circa la metà rispetto a chi ha più di 20 anni. La mortalità tra 0 e 20 anni per Covid-19 corrisponde a 0,17 per 100.000 abitanti, pari a un duecentesimo della mortalità totale stimata per tutte le cause in un anno normale.

In Italia l’urgenza è un’altra e riguarda un buon 40% della popolazione adulta in età lavorativa che non si è vaccinata. Tra questi ci sono insegnanti, personale Ata, perfino sanitari, e ovviamente anche molti genitori. Sono loro che debbono vaccinarsi, in tempi ragionevolmente brevi per tutelare i bambini, perché sono loro che hanno la maggiore esposizione al rapporto con i figli, gli alunni, i piccoli pazienti. Dobbiamo tutelare i bambini contando più che mai sulla immunità di gregge, immaginandola come un mantello protettivo che accoglie i bambini. Mentre per alcune patologie è chiara e documentata la relazione tra rischio e necessità di vaccinazione, basta pensare al famoso quaderno vaccinale dei bambini, con tutte le scadenze previste, per quanto riguarda il Covid questa necessità non è stata ancora documentata e il grido d’allarme dell’Oms per ora resta una voce isolata. In attesa di conferme.

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