L’Oms invita a utilizzare i videogiochi come terapia per la quarantena: attraverso la campagna di sensibilizzazione #PlayApartTogether, l’Organizzazione mondiale della Sanità mira a fare osservare le prescrizioni di distanziamento sociale ed a preservare i legami interpersonali. E da questo punto di vista entrano in campo i videogame, che oggi riescono a collegare persone di ogni parte del mondo. Come spiegato da Il Sole 24 Ore, per l’occasione sono stati previsti anche eventi, esclusive, ricompense in-game e anche giochi distribuiti gratuitamente. La World Health Organization ha raggiunto accordi per collaborare con numerose realtà del settore dei videogiochi, l’obiettivo è quello di aiutare a prevenire la diffusione del Covid-19 raggiungendo milioni di persone. Inoltre, l’ambasciatore Ray Chambers ha esortato editori e sviluppatori a esorta il pubblico nel rispetto del distanziamento sociale e di altre misure di sicurezza. Ma c’è un ma…



OMS: “VIDEOGIOCHI TERAPIA PER LA QUARANTENA”, MA…

La campagna dell’Organizzazione mondiale della Sanità infatti un po’ sembra cozzare con la decisione – presa poco meno di due anni fa – di inserire la dipendenza da videogame nell’elenco delle patologie mentali dell’International Classification of Diseases (ICD). Certo, la campagna di sensibilizzazione non esorta a giocare per ore e ore, ma comunque il periodo di quarantena potrebbe anche spingere qualche ragazzo a rimanere un po’ troppo alla Playstation o all’X-Box. Come spiegato al tempo da Vladimir Poznyak, la dipendenza da videogiochi rischia di portare problemi nella vita personale, familiare e sociali, con impatti anche fisici come disturbi del sonno e problemi alimentari. Matteo Lancini, docente di psicologia dell’Università di Milano Bicocca, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro, istituto specializzato nella cura dei disturbi adolescenziali, ha precisato a Il Sole 24 Ore: «È evidente come in questo momento l’organizzazione intenda sottolineare un aspetto importante dei videogame: il gaming non è solo un’area nella quale i giovani lavorano sulla rappresentazione di sé e del proprio corpo; al contrario, soprattutto in un momento di isolamento forzato, chat, comunicazioni via microfono e partite condivise sono un ambito privilegiato di socializzazione». Forse bisognerebbe solo migliorare un po’ la comunicazione del messaggio: giocare e condividere con gli altri sì, ma non troppo…

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