A lungo si era detto che il Covid sarebbe diventato qualcosa di simile a una comune influenza, invece stando a molti esperti non è così. Si registrano infatti casi di polmonite e di polmonite interstiziale, il che rende il virus qualcosa da non sottovalutare. Omicron 5, l’ultima variante di Sars-CoV-2, si sta dimostrando capace di colpire un gran numero di soggetti, anche fra le persone vaccinate, e sebbene i casi non siano letali come due anni fa, come ci ha detto l’epidemiologo Cesare Cislaghi, “far passare il messaggio, come fanno molti specialisti, che il peggio è passato o che sia del tutto finito, è fuorviante e distraente”. Lo dicono proprio i numeri: il tasso di crescita dei contagi è uniforme in tutta Italia, con un incremento settimanale del 50%, un’incidenza superiore a 500 casi ogni 100mila abitanti e un numero stimato di positivi almeno tra 2,5 e 3 milioni.



Quanto deve preoccupare l’ondata della variante Omicron 5 a cui stiamo assistendo?

Personalmente non la ritengo ondata Omicron 5, ma ondata per assenza di precauzioni, a cui si è aggiunta Omicron 5.

Intende la riapertura di ogni attività e la libertà di non usare più le mascherine?

Intendo aver diffuso l’impressione che non ci siano più problemi. Non voglio limitarmi al cambiamento delle misure normative, ma soprattutto a un problema di mentalità diffusa. Faccio sempre l’esempio dei supermercati: all’ingresso c’è l’invito a tenere la mascherina, poi dentro la maggioranza delle persone non la indossa.



In questo periodo estivo assistiamo anche a eventi pubblici con migliaia di persone dove nessuno indossa la mascherina…

Se guardiamo alle dichiarazioni di alcuni clinici, in sostanza è come se dicessero: smettetela di preoccuparvi, il Covid è oggi una influenza e niente altro.

Ecco, proprio questo, secondo alcuni esperti, è il messaggio sbagliato che si è diffuso?

Il problema è lo scontro tra clinici ed epidemiologi. I primi vedono un campione molto ridotto di pazienti. La probabilità che un paziente positivo possa morire di Covid è del 2 per mille, e non è detto che muoia per patologie tutte legate al virus. Ma è molto difficile che un clinico veda mille pazienti, ne vede 998 che stanno bene e ha l’impressione che la patologia non faccia più danni. E’ vero, non è più quella di due anni fa, però è comunque una patologia che continua ad avere anche risvolti seri. Personalmente la confronto con il morbillo.



In che senso?

Ha delle complicazioni tutte diverse dal morbillo, ma la mortalità negli adulti non è molto diversa da quella del morbillo. Il morbillo, giustamente, oggi è considerato una patologia seria da richiedere la vaccinazione e da prevenire mantenendo l’isolamento in caso di contagio. Oggi assistiamo a un aumento degli ingressi in terapia intensiva con conseguente occupazione dei posti letto per patologia Covid. Questo significa che in una sala di persone colpite da infarto non puoi mettere un paziente positivo al Covid. I problemi ci sono e negarli è rischioso.

Ritiene che in autunno andremo incontro a una nuova emergenza?

Non ho la sfera di cristallo. Come le dicevo, ritengo che quanto stia accadendo sia motivato dall’abbandono delle misure di sicurezza. Certamente, in autunno potremo trovarci davanti a una sorta di immunità collettiva, ma dire che l’estate non è un problema è scorretto. Siamo ancora a oltre 55mila contagiati al giorno. Teniamo poi conto che ce ne sono sicuramente altrettanti autodiagnosticati, più di metà si fa il tampone da sé, per cui il numero esatto non lo conosciamo. Piuttosto che quello che succederà in autunno, bisogna vedere cosa succede oggi che i casi aumentano del 70% ogni settimana. Mi aspetto che fra due settimane la mortalità aumenterà anche a più di cento morti al giorno.

Molti sostengono sia necessario un nuovo vaccino apposito per Omicron 5. Secondo lei?

Sappiamo che i vaccini con il tempo perdono valenza. E’ probabile, come succede per le varianti dell’influenza, che si adottino vaccini diversi.

(Paolo Vites)

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