I temi della salute, dell’ambiente, della parità di genere, dello sviluppo sostenibile sono entrati, frutto dell’emergenza Covid-19, nelle priorità di molte aziende che hanno colto la forte sensibilità presente nell’opinione pubblica su tali tematiche. Nell’Agenda Onu 2030 esse erano già presenti da tempo, ma il dibattito e l’attenzione non erano ancora decollati ed erano rimasti rinchiusi nei programmi di alcune scuole e associazioni sensibili.  



Ora, con una velocità inaspettata e imprevedibile prima del lockdown, i temi della “sostenibilità” hanno acquisito una centralità per la maggior parte delle imprese, con un primo impatto già visibile sulle strategie di comunicazione esterna, dove l’attenzione alle tematiche dello sviluppo sostenibile, dell’attenzione al territorio, della circular economy, del climate change, della diversità condizionano contenuti e toni della comunicazione.  



Ma è altrettanto evidente il rischio di scivolare in operazioni di facciata, di adeguamento passivo alle pressioni dell’opinione pubblica, mantenendo comportamenti e pratiche non coerenti, che quando poi si palesano diventano dei veri e propri boomerang per la reputazione delle aziende.  Per questo è necessario coinvolgere tutte le aree aziendali e tutte le persone delle imprese in programmi di adeguamento prima di tutto culturale, che comprenda quello delle competenze e dei processi organizzativi, che sempre più coinvolgono anche gli stakeholders esterni, ai quali viene chiesto di allinearsi alla nuova cultura della sostenibilità.  



I programmi di formazione che si stanno avviando o già in corso sono necessariamente trasversali a diverse discipline, perché è coinvolta la dimensione culturale, con i temi delle generazioni, parità di genere, quella giuridica, dove il tema dei diritti umani è al centro, e un’attenzione sempre più importante è data dalla componente scientifica (impatto ambientale, risorse energetiche).  

Non stanno cambiando solo i contenuti, ma anche le modalità e i processi di erogazione dei programmi educativi, che per simili tematiche diventano sempre più “open”, gratuiti, messi a disposizione delle aziende per tutti i cittadini, come ad esempio hanno fatto Tim, Fastweb e altre imprese per i temi del “Digital Divide”.  Il tema della Open education, già aperto negli Usa con i Mooc (Massive Open Online Course), in Italia non si è mai davvero sviluppato per anni. Solo in questi ultimi tempi sta evolvendo in forme diverse anche grazie a reti di academy nonché reti tra imprese e università che creano percorsi di riflessione e di approfondimento a disposizione di imprenditori e cittadini gratuitamente (ad esempio il programma di Open education che partirà il 3 febbraio in modalità digitale).