In soli due giorni di discussioni, all’Onu nell’arco di una manciata di minuti è stata presa la decisione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di aderire alla risoluzione di condanna dell’aggressione russa con 141 voti favorevoli su 193. Molte astensioni sono venute dal continente africano: tra gli altri, Marocco, Camerun, Guinea, Togo e Burkina Faso. Quanto all’Eritrea, si è opposta alla risoluzione dell’Onu insieme a Russia, Bielorussia, Nord Corea e Siria. Storicamente l’Eritrea si è sempre opposta alla risoluzioni dell’Onu perché ritiene che il Consiglio di sicurezza – come l’Assemblea – siano organismi politici manipolati per legittimare nuove forme di colonialismo da parte dell’Occidente in Africa.



Fra gli astensionisti vi sono stati la Repubblica Centrafricana e il Mali, due nazioni francofone, ma nelle nei quali opera anche la compagnia di mercenari Wagner. Una coincidenza?

Veniamo adesso all’Algeria. Questa nazione è stata strettamente alleata di Mosca durante la guerra fredda, è attualmente un importante cliente russo nel settore dell’industria di armamenti e quindi la scelta dell’astensione è dal punto di vista politico comprensibile. La scelta tuttavia che più ha sorpreso gli osservatori internazionali è quella del Senegal, che come sappiamo presiede attualmente l’Unione Africana. La sua astensione sarebbe stata determinata dal fatto che l’attuale presidente dell’Ua, e cioè Macky Sall, non vuole rompere l’unità dei voti del continente. Per quanto riguarda il Marocco, il Camerun e il Togo questi non hanno partecipato al voto, e questa strategia è certamente molto vicina alla neutralità rispetto invece a un’astensione che, in un contesto di questo genere, potrebbe essere letta quasi come una sorta di implicito sostegno alla politica russa in Ucraina.



Se passiamo poi al Marocco, la diplomazia marocchina con questa scelta dimostra di rimanere coerente e fedele alla sua politica di non allineamento con dimostra le scelte che ha recentemente fatto con Israele. Ma certamente questa scelta nasce anche da un’altra ragione: la questione del Sahara. Il regno vuole evitare di far venire meno le relazioni con la Russia, un membro permanente del Consiglio di sicurezza con il diritto di veto, o almeno garantire la sua neutralità. Infatti, negli ultimi sei anni, grazie al nuovo impulso per le relazioni marocchino-russe, il Cremlino si è astenuto dal votare su tutte le risoluzioni sul Sahara, appoggiando quindi implicitamente le scelte politiche fatte dal Marocco.



Se poi pensiamo all’assenza di voto espresso dal Burkina Faso e dalla Guinea questa scelta deve essere interpretata alla luce della situazione politica interna: entrambi sono stati infatti soggetti a due colpi di Stato rispettivamente nel 2022 e nel 2021.

Tuttavia la posizione del Sudafrica è meritevole di un approfondimento a parte. Come sappiamo, uno dei pilastri politici più importanti del Sudafrica è l’African National Congress, che guarda caso è stato finanziato da un oligarca russo molto vicino all’attuale presidente russo. Stiamo facendo riferimento alla società mineraria United Manganese of Kalahari, in parte di proprietà di Viktor Vekselberg, che ha partecipato anche al finanziamento del partito al governo. Al di là di questo episodio specifico – seppur importante – non dimentichiamo che dal punto di vista storico l’ex Urss fu alleata dei movimenti di liberazione in Africa meridionale: in Rhodesia meridionale oppure in Mozambico. Inoltre Mosca è stata anche il supporto più importante dal punto vista politico dell’African National Congress soprattutto nella sua lotta all’apartheid. Non va dimenticato inoltre che l’ala militare del Congresso africano fu finanziata proprio dai sovietici: quasi 2mila dirigenti, e tra questi l’ex presidente Thabo Mbeki, hanno ricevuto un addestramento militare.

Quando il Congresso nazionale africano vinse le elezioni nel 1994, Nelson Mandela fece di tutto per mantenere ottime relazioni bilaterali con la Federazione Russa. Chi si oppone al sostegno dato dal Congresso nazionale africano alla Russia è il partito di opposizione, e cioè l’Alleanza democratica. 

Un altro dato di fatto politico molto importante: l’ex presidente del Sudafrica Jacob Zuma è stato un architetto del rafforzamento delle relazioni tra il suo paese e la Russia. Nel 2013, Mosca e Pretoria hanno firmato infatti una dichiarazione congiunta per un partenariato strategico.

Cosa ha cambiato allora l’attuale invasione dell’Ucraina? Il 24 febbraio, poche ore dopo l’invasione russa, il Dipartimento delle relazioni internazionali e della cooperazione del Sudafrica ha rilasciato una dichiarazione nella quale invitava la Russia a ritirare immediatamente le sue forze d’occupazione in Ucraina. Questo vuol dire che Pretoria ha deciso di fare un cambio di scelta politica improvvisa? In realtà si tratta di un’azione politica isolata, tanto è vero che l’attuale presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa, non avrebbe apprezzato la dichiarazione inviata da Naledi Pandor, suo ministro delle Relazioni internazionali. Tre giorni dopo, l’Anc ha corretto la posizione rilasciando una dichiarazione che ha smentito quella precedente. In conclusione nulla in sostanza è realmente cambiato.

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