Da ieri, soprattutto X è stato invaso da post del segretario generale dell’ONU Guterres e di ambasciatori e rappresentanti dei Paesi del mondo con video in cui centinaia di delegati applaudono “by consensus” l’approvazione di tre documenti intitolati “Pact for the future”, “Global digital compact” e “Declaration on future generations”. Guterres non si è fatto mancare nemmeno uno dei termini woke oggi in auge, definendo il Patto “un passo avanti verso un multilateralismo più efficace, inclusivo, interconnesso e sostenibile… Oggi ci impegniamo – ha detto – per un nuovo inizio del multilateralismo. Le azioni contenute in questo Patto mirano a garantire che le Nazioni Unite e le altre principali istituzioni multilaterali siano in grado di offrire un futuro migliore per le persone e il pianeta, consentendoci di rispettare gli impegni già assunti e di affrontare al contempo le sfide e le opportunità nuove ed emergenti”.



Andando un attimo sotto la superficie della retorica, si scopre che l’obiettivo di questo Patto è trasformare il multilateralismo, che di per sé non sarebbe un concetto negativo, in una forma di governance che trasferisca alle Nazioni Unite – soprattutto in caso di crisi – le competenze dei singoli Paesi sulla salute, sulla finanza, sul clima, sull’informazione.



Secondo Meryl Nass, consulente della Banca Mondiale e collaboratrice di Robert F. Kennedy Jr nell’Associazione Children’s Health Defense, “il Pact for future conferisce al segretario generale dell’Onu il diritto di dichiarare qualsiasi tipo di emergenza, non solo sanitaria, ma anche finanziaria e climatica. Un potere molto simile a quello che si voleva concedere al direttore generale dell’Oms Tedros Ghebreyesus, ma esteso a molti più settori. Non sembra un trattato ma in realtà lo è. Infatti, all’articolo 57 vengono illustrati i tre percorsi che l’Onu vuole avviare: rafforzare l’attuazione e la compliance (leggi: sottomissione) riguardo agli accordi che già esistono, far sì che i parlamentari integrino le politiche Onu nelle legislazioni di ogni Paese promulgando leggi che vadano di pari passo con lo sviluppo sostenibile (guarda chi si rivede, nda), usando quando possibile lo strumento dell’obbligo”.



In pratica si tratta della creazione di quel governo mondiale auspicato da Klaus Schwab, Bill Gates e compagni, che metta in mano ad un pugno di burocrati adeguatamente pilotati i destini del mondo, a base di farina di grilli, carne sintetica, green pass, vaccinazioni, limiti agli spostamenti in città a 15 minuti, e tutte le altre imposizioni che in parte sono state sperimentate durante la pandemia del Covid-19.

La Russia e un gruppetto di altri Paesi hanno fatto tardare l’approvazione nel tentativo di far approvare un emendamento che sottolineasse almeno che il Patto non potesse violare la sovranità dei singoli Paesi. Ebbene, l’emendamento non è passato. Evidentemente i delegati avevano fretta di applaudire per poi probabilmente precipitarsi al solito squallido buffet per mille persone nel grande corridoio accanto all’aula, apparecchiato da una Onu sempre a corto di risorse.

Facendo un tour su X si potevano vedere selfie di delegati plaudenti di tutti i Paesi inconsapevolmente felici di aver messo le basi della prossima dittatura mondiale.

A guardarli non si poteva fare a meno di pensare che si trattava di delegati soprattutto contenti dei loro viaggi pagati nella grande mela, e piuttosto poco coscienti delle minacce ai loro Paesi nascoste sotto montagne di retorica. Proprio come è successo ai delegati che hanno approvato il Dsa (Digital Service Act) europeo, scritto esattamente con la stessa confusa e ridondante prosa, che mira a ingabbiare l’informazione sui social media spurgandola dalle fake news. Non è un caso che anche nel Patto si dedichi ampio spazio allo stesso obiettivo.

Per il momento si tratta di mere ambizioni declaratorie, che hanno però trovato il consenso di un’ampia maggioranza di Paesi del mondo. Come è descritto nella Fattoria degli animali di George Orwell, in cui fu deciso di dare a un gruppo di maiali il potere di decidere su tutto e tutti, con le drammatiche conseguenze descritte nel romanzo.

Ci tocca sempre citare Orwell perché alla fine si scopre che coloro che hanno gestito e gestiscono il giro del fumo del potere, non riuscendo a imporsi con la forza, ci riprovano contando sulla vile dabbenaggine dei ben pasciuti rappresentanti dei vari Paesi, pronti a votare qualsiasi cosa in cambio di un viaggio in business class, tartine e champagne.

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