L’Onu apre una polemica a distanza con l’Italia e con tutti gli Stati membri che sostengono le operazioni di rimpatrio dei migranti in Libia. L’ha fatto per bocca di Jan Kubis, segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite in Libia, il quale ha chiesto al Consiglio di sicurezza lo stop alla cooperazione nei respingimenti delle persone che lasciano Tripoli. “Questi Paesi dovrebbero rivedere le loro politiche – ha dichiarato il diplomatico slovacco –, tenendo a mente che i migranti e i rifugiati continuano ad affrontare un rischio molto reale di tortura e violenza sessuale, se rimpatriati sulle coste libiche”.



Il tutto, mentre il nostro Parlamento  votava a larga maggioranza il rifinanziamento della guardia costiera libica. Secondo Kubis, in Libia si è registrata una crescita drammatica del numero di migranti e rifugiati detenuti arbitrariamente in centri di detenzione ufficiali, senza controllo giudiziario, spesso tenuti in condizioni disumane. Addirittura, in base alle stime in possesso dell’Onu, da inizio 2021 sono state catturate in mare e riportate nei campi di prigionia 16.026 persone e 6.377 migranti e rifugiati sono detenuti arbitrariamente in centri di detenzione ufficiali in tutto il Paese, con un aumento del 550 per cento da gennaio 2021.



ONU: “MIGRANTI SUBISCONO VIOLENZE IN LIBIA”

L’Onu sta lottando da anni con il Governo libico per ottenere la possibilità di accedere all’interno dei centri di detenzione e accertarsi che siano rispettati gli impegni umanitari. “A giugno l’Unsmil ha ricevuto altri rapporti scioccanti di violenza sessuale contro ragazze e ragazzi minorenni nei centri di detenzione ufficiali per migranti”, ha aggiunto Kubis, le cui parole sono state riprese da “Avvenire”.

Il diplomatico dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ha poi voluto rivolgere un ulteriore appello agli Stati membri, affinché questa situazione incresciosa possa essere risolta definitivamente e la dignità di tutti i migranti essere tutelata fino in fondo: “Incoraggio coloro che forniscono sostegno alle agenzie di sicurezza libiche che si presume siano coinvolte in queste violazioni ad assumersi le proprie responsabilità e a prendere tutte le misure possibili per prevenire una condotta così vergognosa”.