Nel corso del weekend, per una strana coincidenza, due società quotate sul listino di Milano, Saras e Tod’s, sono state oggetto di offerte pubbliche d’acquisto. Le storie industriali, i settori e gli acquirenti sono molto diversi, ma si intravede in un inevitabile passaggio generazionale il filo conduttore.
Per la borsa italiana e per il “sistema paese” il probabile delisting delle due società non è una bella notizia. Nel caso di Saras l’offerta arriva da Vitol, gigante olandese del commercio di materie prime; in quello di Tod’s l’offerta arriva dall’attuale azionista di maggioranza, la famiglia Della Valle, e da un fondo, L Catterton, che ha alle spalle il gigante francese del lusso “LVMH“.
Saras possiede in Sardegna una delle più grandi raffinerie del Mediterraneo: il settore della raffinazione dopo molti anni difficili ha vissuto negli ultimi trimestri un grande recupero. È difficile fare previsioni sulle prossime settimane e sui prossimi mesi; è più semplice, invece, cercare di capire quale sia lo scenario immaginato dal compratore. La capacità di raffinazione in Occidente non è destinata ad aumentare e anzi continua a scendere; in parte si scommette sulla transizione elettrica, in parte è quasi impossibile superare l’opposizione alla costruzione di nuovi impianti e in parte le raffinerie tradizionali vengono chiuse o convertite, come è il caso anche in Italia, alla produzione di bio-carburanti. Questo vale sia per l’Europa che per l’America. L’anno scorso nella costa est degli Stati Uniti siamo andati vicini a vedere code alle pompe di benzina perché la capacità di raffinazione negli ultimi dieci anni si è dimezzata. Le catene di fornitura, anche quelle dei prodotti raffinati, si accorciano e si ristrutturano. Nell’ultimo autunno le esportazioni di prodotti raffinati dall’India e dalla Cina sono aumentate e l’Europa è stata sicuramente una delle destinazioni. Questi flussi, insieme a tanti altri, sono minacciati dalla crisi del Mar Rosso. È diventato poi cruciale saper raffinare differenti tipi di petrolio e questo consente un vantaggio alle raffinerie più “evolute”.
La raffineria di Saras, in conclusione, è un asset strategico in un mondo che cambia e anche per questo ha attirato l’interesse del più grande trader indipendente di commodity al mondo. Dal punto di vista italiano, la questione è altrettanto semplice. Le raffinerie non si possono spostare e questa è la buona notizia. Allo stesso tempo non è indifferente la natura e la nazionalità del proprietario perché queste due caratteristiche, tra le altre, implicano una diversa capacità di indirizzo da parte del Governo soprattutto quando il mercato è difficile. Dato che benzina e diesel sono strategici e lo saranno ancora per molti anni, tanto più in questo quadro geopolitico, il settore non è marginale per il Governo italiano. La mossa di Vitol potrebbe anche essere vista come una scommessa su una transizione alla mobilità elettrica più lenta del previsto o persino su un suo netto ridimensionamento.
Il caso di Tod’s è diverso. Il lusso italiano è “strategico” perché rappresenta uno dei settori di punta del “made in Italy” su cui l’Italia ha grande riconoscimento internazionale. LVMH, il campione francese del settore, capitalizza circa sei/sette volte la società con la maggiore capitalizzazione del listino di Milano. L’elenco dei marchi italiani passati in mano francese negli ultimi anni è lungo. La proprietà non è indifferente per l’impatto sul sistema a partire dai lavori meglio pagati e più qualificati. L’Italia non ha un campione del lusso nonostante la quantità di risparmio degli italiani. Non c’è molto da aggiungere oltre alla delusione per le occasioni perdute.
Se il Governo italiano volesse dire qualcosa su queste opa l’attenzione si concentrerebbe con ogni probabilità su Saras se non altro perché senza diesel e senza benzina, o se troppo care, l’economia si ferma.
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