CLIMA TESO IN AULA SUL CASO OPEN ARMS: TONINELLI SCARICA COLPE SU SALVINI
Il clima nell’aula bunker dell’Ucciardone era infuocato: proseguono le udienze sul caso Open Arms – il processo a carico del Ministro Matteo Salvini per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito nell’agosto 2019 (da ministro dell’Interno) lo sbarco di 147 migranti recuperati dalla nave ong – e tornano a parlare in aula gli ex Ministri M5s Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta, rispettivamente gli ex Ministri dei Trasporti e della Difesa. «Fu Mattteo Salvini a vietare l’ingresso della Open Arms in acque italiane», attacca Toninelli incalzato dall’avvocato della difesa Giulia Bongiorno, curiosamente Ministra in quel primo Governo Conte (per la Pubblica Amministrazione, ndr).
Toninelli accusa il leader della Lega di aver preso una decisione unilaterale sul caso Open Arms, si “scarica” in sostanza tutte le responsabilità e aggiunge assieme alla ex collega Elisabetta Trenta «Noi abbiamo solo firmato». La tesi della difesa invece è che vi fu pieno agire del Consiglio dei Ministri, Premier Conte ovviamente compreso: qui il clima si accende con Toninelli che attacca l’avvocatessa, «Mi spiace dirlo, ma lei, signora avvocato, ha detto una falsità. Non c’è mai stato un consiglio dei ministri con all’ordine del giorno la questione che trattasse il caso Open Arms o qualsiasi altro caso di sbarco di una ong». Per Danilo Toninelli, non è mai avvenuta nessuna riunione a latere dei consigli di ministri «tra il presidente Conte, il sottoscritto, il ministro Salvini e il ministro Di Maio per gestire i ricollocamenti. È totalmente falso quello che l’avvocato Bongiorno, allora ministro, ha detto, ovvero che gli altri ministri attendevano ore queste riunioni informali nelle salette attigue». Toninelli davanti ai giudici racconta come in quel periodo (2019), «non esisteva già più un governo, esisteva una persona, Salvini, che andava in giro, era in campagna elettorale e parlava alla pancia delle persone. Non si facevano più consigli dei ministri e i ministri non operavano collegialmente. Siccome si sapeva che sarebbe stato sfiduciato il governo, si stava cercando di monetizzare stressando l’argomento immigrazione che era molto sentito».
PROCESSO OPEN ARMS, ORA COSA SUCCEDE
Lo scontro sul caso Open Arms si fa molto acceso, riportano le cronache giornalistiche dell’ANSA, del “Fatto Quotidiano” e del “Giornale” con il botta e risposta avvenuto tra l’ex Ministro M5s Toninelli e l’avvocato di Matteo Salvini, l’attuale presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno: la legale della difesa in Aula contrattacca, «Capisco la sua acredine nei miei confronti» in quanto proprio Bongiorno mesi fa ha querelato Toninelli per una frase detta in una trasmissione televisiva, «E per questo Toninelli andrà nella primavera del 2023 a giudizio davanti al Tribunale di Roma». Dopo è il turno di Elisabetta Trenta che si scaglia anch’essa contro il ruolo del Viminale ai tempi di Matteo Salvini: «Io da ministro dell’Interno non mi sarei comportata così».
Per l’ex Ministra della Difesa, le battaglie politiche seppur giuste «non devono ricadere sui fragili e ci sono diritti umani che vanno rispettati, secondo me seppur in presenza di minacce di terrorismo. I migranti si potevano far sbarcare e si potevano fare successivamente le verifiche relative alla presenza di eventuali terroristi a bordo della imbarcazione». I commenti del leader leghista Salvini al termine dell’udienza sono al vetriolo: «pittoresca…» viene definita la ricostruzione della Trenta, mentre su Toninelli «Sinceramente non ricordo se nelle riunioni del consiglio dei ministri in cui si parlava degli sbarchi c’era Toninelli, può essere che non ci fosse. Sicuramente nelle riunioni che facevamo c’erano Conte e Di Maio». Alla prossima udienza saranno chiamati a testimoniare proprio l’ex Premier ed ex vicepremier, oltre alla ex Ministra dell’Interno che succedette a Salvini, Luciana Lamorgese. Tiene ovviamente ancora banco il caso della presunta “informativa fantasma” di cui i legali dell’attuale Ministro delle Infrastrutture accusano gli inquirenti: «Le procure siciliane, quella di Roma e la procura militare sapevano che la ong spagnola Open Arms aveva intercettato (in acque libiche) un barcone di immigrati grazie alla soffiata di un soggetto ignoto e in grado di suggerire l’esatta posizione del barcone. Solo ora – tre anni dopo! – siamo venuti a conoscenza che c’erano foto, video e registrazioni della ong, immortalata da un sottomarino della Marina italiana, che potrebbero riscrivere la storia di un processo dove rischio fino a 15 anni di carcere». La difesa accusa ben 9 procure di non aver trasmesso gli atti né al Tar del Lazio né alla stessa linea difensiva di Salvini, né al Gup né tantomeno al Parlamento che decise di permettere processo al leader della Lega: «Sono certo che il Guardasigilli Carlo Nordio saprà approfondire una vicenda che appare francamente grave e scandalosa. Per quanto mi riguarda, con i miei legali stiamo studiando iniziative molto importanti. Avanti, a testa alta, convinto che difendere l’Italia non sia solo un diritto ma un preciso dovere», denunciava lo scorso 3 dicembre all’indomani della penultima udienza Open Arms.