Ieri pomeriggio Enel ha confermato i rumour di un’offerta di Macquarie per la quota detenuta dalla utility, il 50%, nella società Open Fiber. Il partner di Enel nella società che sta sviluppando una nuova rete di fibra ottica è Cdp. Negli ultimi giorni rumour hanno dato conto dell’interesse del fondo di Kkr per una quota del 25% della stessa Open Fiber; Kkr è inoltre in trattativa con Tim per l’acquisto del 40% della rete secondaria fibra/rame di Tim che potrebbe essere valutata circa 7 miliardi di euro.
Nonostante la crisi economica e un calo del Pil senza precedenti, l’interesse per le infrastrutture telecom italiane rimane alto. La rete è un asset strategico per tante ragioni. Le più evidenti sono quelle economiche perché l’economia sta evolvendo verso un uso sempre più intenso della rete che la pandemia non può che accentuare. Il “lavoro da casa”, lo smart working, per esempio, esiste solo con la diffusione capillare di una rete veloce e stabile; altrimenti è un sogno che si può concedere solo una piccola parte della popolazione tendenzialmente in grandi città. I servizi che si basano su una rete veloce ed efficiente stanno aumentando; i video in streaming sono solo una piccola parte delle applicazioni. Anche in un’economia che decresce questi servizi sono destinati ad aumentare.
La rivoluzione della new economy è avvenuta grazie alla disponibilità di rete senza cui molte aziende semplicemente non esisterebbero. Chi ha investito in rete, le società di telecomunicazione, sono il grande perdente economico-finanziario della rivoluzione come dimostra qualsiasi grafico azionario. La rete, che pure è strategica, è stata offerta a “poco” prezzo non tanto agli utenti, quanto alle società che su essa fanno passare i propri servizi. È possibile che questo schema possa cambiare e le società telecom riacquistino potere negoziale in un mondo in cui l’utilità del servizio diventa sempre più essenziale anche per gli utenti.
All’aspetto strettamente economico si aggiunge quello strategico e di sistema Paese. Il “sistema Paese” ha ogni interesse che si continui a investire sulla rete e che la struttura azionaria sia il più possibile coerente con questi obiettivi. Non ci sono “dogmi”, ma l’azionista è sicuramente una tessera del puzzle di uno schema in cui il sistema Paese raggiunge i propri obiettivi. Poi c’è una questione più “geopolitica” come dimostrano le note vicende della rete 5G. Dubitiamo che l’Italia, un Paese a sovranità limitata che uscirà da questa crisi a sovranità limitatissima, possa andare avanti senza alleati. In questo caso bisogna vigilare attentissimamente su chi si fa entrare in casa su un asset così strategico. Quando vendi hai condiviso il controllo e non sei più padrone del tuo destino. Sul globo sono rimasti due attori con l’aspirante terzo, l’Unione europea, destinato al ruolo di comprimario nella migliore delle ipotesi. Trovarsi la rete in mano cinese, giusto per non fare nomi, oggi o domani via “alleati” europei non sarebbe un bellissimo epilogo. Pensare di appaltare queste scelte all'”Unione europea” è un po’ miope visto l’andazzo internazionale.