Riuscite a immaginare Biancaneve, la protagonista della famosa fiaba e della fantasia musicale animata di Disney del 1937 che balla sulla musica di Mahler? È difficile da credere. Eppure, questo è il nucleo del balletto Blanche Neige del coreografo francese di discendenza montenegrina  Angelin Preljocaj. Il balletto ha debuttato nel 2008 alla Biennale di Lione e da allora ha viaggiato in tutto il mondo. Ha raggiunto ora l’Italia. Il 3 maggio 2019 ero alla prima di una serie di rappresentazioni al Teatro dell’Opera di Roma. Preljocaj aveva preparato i ballerini e, mentre calava il sipario, è apparso sul boccascena a ringraziare il pubblico per le vere e proprie ovazioni.



In che modo la musica di Mahler si adatta alla storia della Regina senza figli che si è punta il dito mentre cuciva, e guardando le tre gocce di sangue che cadevano sulla neve, desiderava una figlia con una pelle bianca come la neve, labbra rosse come sangue e capelli neri come l’ebano? Si adatta abbastanza bene a Mahler, perché come tutti i racconti dei fratelli Grimm, la trama non è necessariamente per i bambini: infatti, è piena di ambiguità, aspetti macabri, momenti morbosi e, allo stesso tempo, ha un forte richiamo alla bellezza della natura e del paesaggio. Questi sono tutti ingredienti della musica di Mahler. Preljocaj segue rigorosamente la favola dei fratelli Grimm e aggiunge la propria interpretazione ai simboli nella trama e nei personaggi. Afferma di essere stato aiutato da una lettura attenta di La Psychanalyse des contes de fees di Bruno Bettelheim. Nel balletto (e nella musica) c’è molta psicoanalisi. Disciplina che nasceva proprio all’epoca di Mahler.



Dalla nascita drammatica e violenta della giovane principessa e dalla scena di apertura della sala da ballo a Corte, la coreografia è eccezionale. Un pas de deux tra due donne diventa un pas de quatre, che conduce a sua volta a un pas de six e così via, finché non ci sono circa ventisei ballerini sul palcoscenico. La danza tra l’eroina e il suo principe, ottimamente interpretati da Rebecca Bianchi e Claudio Cocino, comincia in silenzio, con Cocino che corre diagonalmente sul palco, Bianchi in equilibrio orizzontale su una spalla, prima che i passi si ripetano sulle note di Mahler. Nella seconda parte del balletto, in un appassionato duetto, il principe riesce a risvegliare la principessa apparentemente morta, togliendole la mela dalla bocca. Si inginocchia davanti alla bara di vetro prima di prostrarsi con il dolore, e lentamente fa scivolare il corpo inanimato di lei verso di lui. Biancaneve, come sa il pubblico, non è morta, ma è in trance, e così inizia un pas de deux  di grande intensità.



La partitura crea un’atmosfera che cattura tempo e spazio e fa presa immediata sul pubblico. La musica è composta da estratti di varie sinfonie di Mahler – in particolare la prima, la quarta e la sesta- e dai poemi sinfonici. Non viene suonata dal vivo dall’orchestra del Teatro dell’Opera ma è registrata – e utilizzata su nastro in tutte le rappresentazioni dal 2008. Gli estratti provengono da registrazioni di Leonard Bernstein (con la New York Philharmonic e la Berliner Philharmoniker), Georg Solti (con la Chicago Symphony Orchestra), Bernard Haitink (Royal Concertgebouw), Pierre Boulez (Chicago Symphony Orchestra e Wiener Philharmiker), Giuseppe Sinopoli (London Philharmonia), Riccardo Chailly (Royal Concertgebouw), Michael Gleten (SWR Sinfonieorchester), Daniel Barenboim (Staatskapelle Berlin) e Simon Rattle (Berlin Philarmoniker).

I costumi di Jean Paul Gaultier definiscono chiaramente i personaggi. Riconosciamo i cortigiani per quello che sono, la matrigna per la crudele dominatrice che è, i minatori / nani nei loro abiti punk. Allo stesso tempo, i costumi non interferiscono mai con la danza. La principessa è, naturalmente, in abito bianco, ma il suo principe indossa un abito da ballo color salmone. La cattiva matrigna / strega è vestita maestosamente in nero e rosso. Domina uno dei momenti più teatrali del lavoro, quando ficca la mela avvelenata nella bocca di Biancaneve mentre i sette piccoli protettori di quest’ultima sono a lavorare nelle miniere d’oro. Il balletto sale drammaticamente al proprio climax quando la figura ultraterrena della Regina morta da tempo vola giù dal cielo per raccogliere la figlia tra le sue braccia, per posare delicatamente il corpo della principessa sulla terra.

Le efficaci scene di Thierry Leproust portano il pubblico in una terra magica, dalla suggestiva bellezza della foresta cupa alla scintillante montagna di incantesimi dove lavorano i sette nani.

Uno spettacolo magistrale con un superbo mix di musica e immagini.